“Mercoledì 23 dicembre 2015 nel tardo pomeriggio abbiamo ricordato i nostri compagni di lavoro morti in porto negli ultimi anni, deponendo una corona che ne onorasse il loro ricordo nel cippo che abbiamo allestito autonomamente all’interno del terminal Assareto. Questo è il testo letto da un compagno del CALP per l’occasione”Noi non dimentichiamo”
Il tempo che scorre lo vediamo
sulle rughe dei compagni quando sorridono
tra le nebbie delle torce accese,
e dal fatto che non riconosciamo talvolta
gli occhi dei volti coperti dei più giovani
quando l’incontriamo
con lo stesso amore e la stessa rabbia di sempre
dalla parte giusta della barricata.
Ci chiamano “dinosauri”,
una comunità operaia vecchio stile
che s’inebria con il profumo dello stock il venerdì,
si commuove di fronte ad una targa in ricordo di un partigiano,
e che canta “Ma si ghe pensu” tra sé e sé,
quando lavora con il mare di fronte.
Quel mare che ora è un cimitero,
e che oltre l’orizzonte
riserva fame, distruzione e miserie ad altri esseri umani
che combattono contro il nostro stesso nemico.
Quel mare che è un terreno di battaglia per i giganti dello shipping,
– e per i loro leccapiedi locali –
dentro un Risiko in cui vorrebbero relegarci
al ruolo di flessibili pedine:
a loro restano i profitti a noi le perdite umane.
Amiamo quella linea blu
E ce la portiamo dentro ovunque andiamo,
anche quando siamo “inchiodati” su una banchina,
dentro una stiva, o in una officina.
Ci chiamano “dinosauri”,
perché abbiamo contratti a tempo indeterminato,
un contratto collettivo unico e degli integrativi,
perché pretendiamo di non cedere a chi vuole toglierci ulteriormente
delle già troppo risicate garanzie…
Anzi ne pretendiamo altre,
anche per fare da “apripista” a tutti gli altri sfruttati.
Ad un compagno una volta hanno chiesto
perché lottasse per il salario
se era per l’abolizione del lavoro salariato,
e lui rispose che lo faceva perché
era contro il ripristino della schiavitù.
Cosa dire d’altro?
Siamo grezzi e con poca filosofia tedesca in testa,
parliamo – quando riusciamo – il linguaggio del fuoco,
e tagliamo le arterie del traffico
perché siamo il sangue che ribolle in questa città,
e balbettiamo qualche parola semplice per dire che
QUI NON SI ARRENDE NESSUNO.
Cerchiamo compagni di lotta,
e tra le nostre fila accogliamo
chi lotta ovunque contro un nemico comune.
Spesso sbagliamo e non diamo lezioni a nessuno,
però sappiamo che
quanto il copertone brucia
la terra trema,
non spegnerete mai il sole su Sampierdarena.
ACAB 1974 per il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali