Che la campagna elettorale si sarebbe connotata fin da principio su argomenti ricchi di pochezza e toni straccioni era largamente prevedibile.
Il peggio, a nostro parere, lo stanno producendo le forze presuntamente “progressiste”, incistate nella spartizione delle poltrone da una parte – il PD renziano – e nei goffi tentativi di arginare l’esodo di voti a sinistra dall’altra – lo sconquassato carrozzone di LeU -.
A nostro avviso, tuttavia, va osservato attentamente anche il riassemblamento delle destre.
Se del M5S comunque si parla, troppo spesso lo si fa posizioni eccessivamente appiattite sull’opinione dominante, quando invece andrebbe rimarcata la normalizzazione liberale cui si stanno sottoponendo i grillini nel tentativo di accreditarsi come forza di governo “responsabile”, ovviamente verso gli interessi dei padroni.
Nella galassia della destra classica, invece, abbiamo recentemente registrato la convergenza tra i fascisti che si vorrebbero in doppio petto di Fratelli d’Italia, il populismo nero della Lega e il liberalismo di Forza Italia. Per tutti e tre i casi appena elencati pensiamo si possa parlare di “cliché in cerca d’autore” che paiono, però, in grado di fare concretamente la propria “giocata” sul “banco” elettorale.
Esclusa l’escrescenza capeggiata dalla Meloni, al momento messa in ombra dalla concorrenza a destra esercitata dal populismo reazionario di Salvini, è la Lega di quest’ultimo e il ritorno del redivivo Berlusconi a dover essere oggetto di osservazioni più attente.
Dell’ex Cavaliere, ciò che più incuriosisce è l’assurgere al ruolo di interlocutore politico credibile per quelle élite che lo disarcionarono dal potere nel 2011.
Se è vero che da quel fatto è trascorso ormai un lustro abbondante, crediamo sia comunque esemplificativo, nella percezione dei rapporti di forza e soprattutto della posta in gioco a livello politico, sottolineare come la contingenza sia riuscita a riciclare un personaggio bruciato – soprattutto a livello d’immagine per i ben noti scandali sessuali – come Berlusconi che, in tempi recentissimi, ha ricevuto sostegni addirittura da soggetti legati al Finacial Times, situazione ai limiti della fantascienza se immaginata soltanto qualche anno fa.
Da notare anche il fatto che nessun organo di informazione si sogna più di soprannominare Berlusconi come “il Caimano”, forse a dimostrare che la notte dei lunghi coltelli durata quasi un quarto di secolo tra declinazioni opposte del capitale italiano – quello a trazione gruppo FIAT e gruppo De Benedetti da una parte e la holding Fininvest dall’altra – se non a una pace, è giunta quanto meno ad un armistizio, probabilmente a seguito della presa d’atto che la guerra tra capitali in casa non è sostenibile quando il conflitto richiede d’impegnarsi anche sui fronti esteri.
Della Lega abbiamo già accennato scrivendo della ricerca di consenso che sta operando nei confronti del bacino di estrema destra, tattica che l’ha condotta a rubare campo alla Meloni e tessere collateralismi inquietanti con gentaglia della risma di CasaPound, che Salvini legittima politicamente rispolverando la retorica dei “buoni provvedimenti del fascismo” cui si sono prestati, è bene ricordarlo, oltre ad alcune file dell’informazione liberale, anche soggetti che oggi si nascondono dietro lo slogan di Liberi e Uguali, forse intendendo il loro nome come liberi di mistificare la storia e uguali ai fascisti nel raccontare balle.
Fino a ora, come scritto in apertura, siamo ampiamente nell’ambito dell’atteso. Ciò che invece riveste carattere di novità, almeno parziale, è la gestione del tema economico all’interno della campagna elettorale.
Nelle fila del PD, se non stupisce il sussistere del supporto al tema UE/Euro, sorprende per stupidità il modo in cui sia stato declinato – segnatamente da Renzi con la boutade sugli Stati Uniti d’Europa, e il pessimo gusto della Bonino con la sua “+ Europa” – indicano una propensione al suicidio politico che non viene più nemmeno nascosta.
A destra, invece, è stupefacente – si fa per dire… – verificare come l’informazione non ponga accento alcuno alla schzofrenia insita nell’alleanza di due soggetti, FI e Lega, che sul tema UE si pongono – ovviamente a parole – in antitesi totale. Forza Italia, infatti, s’ammanta di un europeismo fino a ieri appannaggio esclusivo del PD e frattaglie ad esso aggregate, mentre la Lega, oltre a tuonare nei confronti di quei vincoli economici che hanno fatto le fortune tedesche e le disgrazie italiane, ha imbarcato con una bella candidatura uno degli esponenti accademici più critici, a livello italiano, dell’assetto UE, Alberto Bagnai.
Il fatto, a sinistra ha avuto una certa eco che condividiamo solo in minima parte.
Anzitutto non consideriamo particolarmente inattesa la “scesa in campo” di Bagnai che, a nostro parere, era in cerca di un referente politico almeno dai tempi in cui veniva ospitato con frequenza sulle pagine di ByoBlu, il portale di Claudio Messora, trascorso spin doctor del M5S.
Come sappiamo, la collaborazione inizialmente promettente per gli interessati, è poi confluita in un divorzio che ha lasciato Bagnai privo di interlocuzione e i 5S senza alcun riferimento economico degno di essere considerato tale. Le genuflessioni di Di Maio a Cernobbio sono anche il risultato di una totale insipienza dei grillini dal punto di vista teorico, oltre che il prodotto di un’ansia da normalizzazione sempre più incontenibile.
Nel frattempo, il seguito virtuale del docente pescarese ha continuato a crescere conducendo il suo blog a risultare il sito economico prediletto dai navigatori italiani negli ultimi 3 anni. La cosa non deve essere sfuggita alla Lega che, in passato, lasciava campo libero, almeno mediaticamente, a Claudio Borghi un sovranista vero che identifica la chiave di volta per la risoluzione dei mali che affliggono il paese nella reintroduzione della Lira, anzi di due lire (una per le regioni che tirano e una per il mezzogiorno verso cui ripropone una considerazione di serie B quasi sabauda).
Rispetto a quest’ultimo Bagnai si connota come un post-keynesiano più “formato” e con declinazioni sociali un pizzico più marcate. Tuttavia, le soluzioni del pescarese, segnatamente la svalutazione competitiva, allevierebbero in misura assolutamente insufficiente le sofferenze degli sfruttati odierni, risultando corpose in maniera quasi esclusiva per quel che resta della piccola/media impresa contoterzista uscita con le ossa rotte dalla concorrenza internazionale, generata dalla rimodulazione delle filiere produttive, che hanno fagocitato quanto era sopravvissuto della grande industria pubblica post privatizzazioni anni ’90.
Quindi, pur riconoscendo l’attinenza di alcune tesi di Bagnai sulla struttura dell’UE con parte delle nostre analisi sull’argomento, troviamo ben poca convergenza in merito alle azioni correttive che, nel nostro pensiero, non hanno nulla a che spartire con un salvagente da lanciare in soccorso di un padronato che per decenni ha macinato profitti senza investire un soldo, contando sulle commesse sicure provenienti dalla industria pubblica e sul progressivo smantellamento delle conquiste operaie iniziato già a fine anni ’70 e oggi giunto a compimento praticamente definitivo.
In sintesi, quindi, pensiamo che la candidatura con la Lega sia lo sbocco “naturale” per un economista che ha sempre mosso la critica all’UE/Euro come una questione meramente nazionale, ignorando sistematicamente come la condizione degli sfruttati italiani sia diffusa in tutti le nazioni del meridione continentale.
Ciò che semmai troviamo strano è che nella sinistra che vorrebbe cambiare le cose, si perseveri quasi esclusivamente nel perseverare l’immobilismo sul tema.
Siamo consci del ritardo sull’argomento che tutt’ora è presente nel nostro mondo. Siamo però convinti che per andare oltre non siano più sufficienti le reprimende o la registrazione dell’ennesima occasione persa, nel caso specifico la mancata assunzione di Bagnai nel campo proletario. L’universo comunista è per fortuna ricco di validi economisti che, tra l’altro, in tempi recenti hanno animato dibattiti ben più strutturati e all’avanguardia di quelli guidati da Bagnai – pensiamo all’analisi sul lavoro mentale di Carchedi o quella sul reddito di Vertova.
Certo ancora manca l’impatto collettivo che ha saputo generare Bagnai, ma più che di analisi economica è semmai una questione di comunicazione politica, risultante dal fatto che sul ruolo dell’UE nell’attuale fase capitalista, le posizioni sono ancora lontane dal trovare una sintesi condivisa, così come manca la percezione diffusa che i tempi di crisi attuali, impregnati di risentimento e rabbia popolare, richiedano un lessico maggiormente diretto, incisivo e meno mediato rispetto a quello cui è abituata la sinistra.
Poi intendiamoci, Bagnai ha certamente raccolto un riscontro notevole in rete, ma le dinamiche del mondo reale continuano ad avere un peso specifico differente e sono meno ancorate di quello che potremmo pensare al virtuale. Detto altrimenti se andiamo per strada a domandare agli sfruttati del 21esimo secolo se conoscono Alberto Bagnai, i riscontri in cui ci imbattiamo sono decisamente meno lusinghieri verso il docente pescarese rispetto a ciò che si potrebbe pensare verificando l’eco che la sua parola ha sul web.
Va dunque superata la paura di valicare i tabù teorici e comunicativi: quello dell’imprescindibilità dell’UE, e di una forma espressiva politicamente corretta quando ci si relaziona con le masse.
Se non giungeremo a una simile presa d’atto i discorsi di rottura e anticapitalisti continueranno ad essere fatti soltanto dalle destre più fetide e poco importa se alle parole non seguiranno mai i fatti, perché il risentimento popolare sarà comunque catturato da sirene che non sono le nostre.
Collettivo Comunista GCS