Il jobs act “condiviso

Susanna Camusso e Matteo Renzi

Cgil, Cisl e Uil, la cui unità di azione è ritornata in auge da parecchi mesi, hanno firmato con Confindustria una proposta da presentare al Governo sulle politiche attive di ricollocazione. In realtà, si tratta di una proposta-bozza applicativa del job’s act del Governo Renzi riguardo la disciplina dei licenziamenti e l’uso degli ammortizzatori sociali. In sostanza la controriforma del lavoro prevede il passaggio dagli ammortizzatori passivi a quelli attivi: verrà abolita l’indennità di mobilità che accompagnava i lavoratori verso la pensione e verranno valorizzati i percorsi di formazione attivi per il riorientamento dei lavoratori. La proposta sindacal-padronale si inserisce in questo quadro proponendo una serie di norme che prevedono:

  1. La possibilità di una conciliazione in denaro in cui il lavoratore si autolicenzia e può entrare in un percorso di formazione finanziato con i risparmi dovuti alla sua scelta
  2. Il finanziamento di un percorso di formazione per la ricollocazione finanziato anche attraverso i fondi europei gestito direttamente da sindacati e confindustria
  3. Una deroga alla cessazione dello strumento della mobilità nel caso di ristrutturazioni aziendali “complesse” che prevedano l’avvio di nuove attività lavorative

Sostanzialmente, con questo testo, i sindacati prendono atto che il job’s act è legge e cercano di valorizzarne il merito. Ovviamente accettando la disciplina dei licenziamenti e cercando di ricavare qualcosa dai corsi di formazione che sono tra i nuovi strumenti di cui il sindacato si è dotato trasformandosi da strumento di difesa dei lavoratori in ente bilaterale fornitore di servizi.

Tutto questo in linea con il fatto di non aver lottato per nulla contro il job’s act il quale tra l’altro (come i sindacati e i padroni sanno bene) non crea nessun posto di lavoro in più e serve solo per aumentare a dismisura la precarietà.

D’altra parte sarebbe curioso aspettarsi che Cgil, Cisl e Uil riprendano ora una lotta che si sono ben guardati dal fare quando sarebbe stato necessario. Non hanno mosso un dito al momento della discussione sul job’s act e ora cercano di ricavare qualcosa con una proposta che per loro significa soldi e possibilità di continuare a esistere, per i lavoratori è una presa in giro.

Non si capisce proprio perché i processi di formazione dovrebbero ricollocare qualcuno visto che si continuano a delocalizzare imprese, vengono privatizzati i servizi pubblici e gli unici investimenti sono a favore delle banche. Evidentemente i sindacati confederali pensano (ma sarebbe meglio dire che fanno finta di credere) che il problema sia una non sufficiente preparazione dei lavoratori.

Leggi come il job’s act sono attive o in via di approvazione in tutta Europa: la loi du travail francese è l’omologo della legge italiana. Chi dovrebbe difendere i lavoratori dovrebbe capire il segno di queste ristrutturazioni imposte dall’Unione Europea: c’è poco da trattare su ricollocamenti, formazione e strumenti attivi o passivi, in realtà si tratta di leggi atte ad aumentare la forza dei padroni e a diminuire le tutele dei lavoratori. Questo è il segno della ristrutturazione neoliberista che l’UE ha imposto ai lavoratori europei, in particolare a quelli dei paesi del sud. Il PD, al quale si fornisce un testo da discutere o approvare, è l’esecutore di queste politiche criminali. I sindacati confederali lo sostengono di fatto, evitando mobilitazioni e provando a trattare sulle spalle di chi lavora. Fornendogli, direttamente o indirettamente, sponda sindacale. Continuando a sostenerne di fatto le politiche. Il sindacato confederale è complice del disastro.

Questo testo di accordo ne è l’ennesima conferma.

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