Nella calura ferragostana di questo 2024, al termine di una malattia contro la quale ha lottato fino agli ultimi istanti, si è spento a Genova il compagno Emilio Quadrelli. La cerimonia laica si è svolta il 16 agosto nel tempio laico del Cimitero di Staglieno, alla presenza di centinaia tra amici e compagni.
Qui di seguito, riportiamo una rassegna di ricordi e analisi su Emilio, quasi tutti scritti nell’immediatezza, dopo la triste notizia della morte. Alcuni di questi testi li condividiamo appieno, altri meno. Ma in ogni caso, si tratta di omaggi sentiti e accorati che abbiamo letto con attenzione e commozione.
Come Collettivo Genova City Strike dobbiamo molto ad Emilio. Non solo perché è stato colui che lo ha fondato insieme a noi, ma perché, molto probabilmente, il collettivo senza di lui non sarebbe mai nato. Ad un certo punto, le divergenze politiche hanno separato le nostre strade organizzative ma il rapporto umano e politico è rimasto inalterato. La tensione politica, frutto di esperienze diverse attraversate nel corso di una vita, rendeva il rapporto tra noi ed Emilio molto particolare. Difficile da gestire, ma sempre gravido di spunti e idee non comuni. Di queste tensioni politiche si parla anche nei testi che seguono, che nelle loro diversità, mettono in evidenza le complessità del suo pensiero.
Con Emilio si poteva dissentire ma ogni volta che ci si confrontava ma cosa straordinaria era che si imparava sempre qualcosa che non avevi considerato, che avevi trascurato. Un qualcosa che lui riusciva a mettere in evidenzia senza boria e senza nessuna arroganza.
E’ stato sostanzialmente impossibile non rimanere affascinati dalla sua cultura e dalla sua intelligenza mentre si lavorava insieme. E’ stato naturale confrontarci sempre con lui anche quando le nostre strade politiche si sono separate. Sarà importante continuare a lottare in confronto continuo con ciò che ha provato a farci apprendere, sapendo che alla fine l’obiettivo finale comune che ci siamo scelti diventerà un giorno una realtà concreta.
Di seguito una rassegna di testi che è suscettibile di aggiornamenti successivi con altri materiali
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Tratto da Contropiano: “Un ricordo di Emilio Quadrelli” di Francesco Piccioni (link)
Sono stufo di scrivere quando muoiono amici e compagni di una vita stranamente lunga.
Con Emilio abbiamo condiviso vicinanze strettissime e lontananze filosofiche, parlando a bassa voce in ogni caso, come sa di dover fare chi ha imparato l’educazione stando a tavola con gente egualmente armata.
Abbiamo condiviso per esempio un tentativo di evasione da un camerone del carcere speciale di Cuneo, mesi di lavoro silenzioso in un piano in cui le spie del maresciallo Incandela erano quasi più numerose dei “bravi ragazzi”.
Mesi di messa alla prova della nostra pazienza, abilità, concentrazione, senso dell’equilibrio, condivisi con altri due fratelli di cui ho poi perso le tracce.
Anche con Emilio ci eravamo ad un certo punto persi di vista, per sua fortuna, visto il buco nero che stavano diventando gli “speciali” a metà degli anni ‘80, quando la lotta armata esterna era diventata ormai politicamente irrilevante o quasi.
“Per sua fortuna” perché la sua condanna era molto meno grave, e le porte del carcere gli si aprirono pochi anni dopo.
Lo ritrovai quando, ormai semilibero anch’io, dalla scrivania de il manifesto lo scoprii assistente di Alessandro Dal Lago, all’università di Genova.
Era insomma diventato un sociologo, certo molto sui generis, appassionato frequentatore dell’”oggetto” di studio, così come aveva vissuto in gioventù a metà strada tra la compagneria e le “batterie” locali, bande giovanili nate nei quartieri operai che cercavano un riscatto tra rapine e sequestri di persona, senza mai lasciarsi anche nelle difficoltà più estreme.
Quasi leggendaria, ai tempi, quella della sua città – con Mario Rossi (l’”altro Mario”, non il compagno della XXII Ottobre) e Paolo Dongo – capace di arrivare ad assaltare un blindato dei carabinieri per liberare uno di loro.
Leggo che qualcuno lo ascrive, oggi, alla corrente “operaista”, facendogli probabilmente un torto che gli farebbe storcere la bocca. Era un appassionato lettore e analista delle rivolte sociali – questo sì – confidando sempre che dalle esplosioni spontanee potesse emergere l’occasione di una rottura radicale dell’esistente. Cosa per me piuttosto improbabile, come la Storia mi sembra dimostri.
Ma al di là di questa pervicace ricerca di un elemento primigenio e irriducibile della ribellione ben poco d’altro lo accomunava all’”operaismo” italiano.
Volendo spiegare la differenza, era un operaio in rivolta capace di rifletterci sopra, più che un “operaista” pronto a cantarla. Era sicuramente un “uomo del fare” (rivolta) anche quando cominciò a scrivere di banlieue, immigrati, seconde e terze generazioni, colonialismo e neocolonialismo, sfruttamento sulle “linee del colore”.
Ci siamo ritrovati a discuterne in occasioni sempre troppo rare, su traiettorie di vita che a volte ci mettevano insieme per qualche dibattito pubblico, in cui spiegavamo con pazienza e a bassa voce la nostra differenza di vedute teoriche per raggiungere l’identico obiettivo strategico, in qualche modo solidamente rappresentata dalle nostre vite politiche, vicine ma non eguali.
Anche fisicamente lo avevo ritrovato trasformato. Dal ragazzo longilineo e capellone di questa vecchia foto in carcere, a strutturato culturista quasi più largo che lungo. Prese le mie preoccupazioni di lottatore “al naturale” su questo fronte nel suo solito modo (“non un passo indietro, comunque vada”).
Il suo libro più sentito, e che meglio ne rappresenta il nesso inscindibile tra fare e pensare rivolta, è in ogni caso Andare ai resti. Espressione che può comprendere fino in fondo solo chi ha vissuto, scegliendola, una rivolta in carcere, dove ti giochi tutto – la vita o almeno l’integrità fisica – perché hai capito che non puoi accettare di arretrare ancora.
Perché quel che ti resta da difendere è così poco, e in via di eliminazione, che vale la pena di “giocarselo” puntando a rovesciare la condizione. Tanto, peggio di così, non potrà andare…
Un estraneo, da fuori, parla in casi come questi di “follia”, vista la sproporzione abissale di forza tra i rivoltosi e il nemico. Eppure la storia è ricca di manifestazioni del genere, come si è visto a Gaza o nel ghetto di Varsavia.
E se avessimo fatto in tempo a discuterne si sarebbe probabilmente appassionato a trovare le tante similitudini esistenti nelle rivolte di prigionieri di ieri e di oggi. In carceri occidentali come in quartieri mediorientali sotto assedio perenne, nel fondo di un tunnel scavato da militanti islamici o da ebrei comunisti che non hanno voluto attendere – e subire – il genocidio in silenzio.
Me ne diede una copia e tempo dopo mi chiese se mi ero riconosciuto in uno degli episodi lì narrati. In quel libro giustamente senza nomi, di tanti fatti che avevo vissuto direttamente o per vicinanza, m’era sfuggita una scena che mi vedeva protagonista. Ma erano gesti per me dovuti, e non me li segnavo come meriti. Se li ricordano certamente meglio gli altri…
E’ l’ultimo mio rammarico. Appena rientrato da un viaggio di quasi tre mesi, sfiorando guerre in atto o che stanno per esplodere, non ce l’ho fatta a prendere subito un treno per andarlo a trovare prima della fine.
E non c’è rimedio possibile.
Ciao Emilio, non un passo indietro, vada come vada.
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Dal sito della Rete dei Comunisti: “Ciao Emilio, un saluto a pugno chiuso” (link)
Emilio Quadrelli ci ha lasciato.
É stato un militante della sinistra rivoluzionaria ed un pezzo di storia vivente della cultura operaia e comunista di Genova, ed in generale del suo paese.
Una militanza che ha pagato anche con periodi piuttosto lunghi di carcerazione.
É stato un ricercatore poliedrico che si è sforzato di ripercorrere non solo alcuni tratti distintivi del tentativo dell’Assalto al Cielo portato avanti dalla generazione politica di cui aveva fatto parte, ma che ha più volte cercato di interpretare il presente con uno sguardo mai scontato, sempre dal punto di vista dei subordinati, in particolare dagli strati meno garantiti della classe.
É stato un culturista che ha saputo trasmettere la passione per uno sport che ha praticato finché ha potuto con disciplina e la tenacia, nonché uno sfegatato tifoso blucerchiato che ha saputo leggere le trasformazioni del mondo del calcio dall’ottica di chi si opponeva al “calcio moderno”.
É stato un compagno con cui il confronto non era mai banale e che non lesinava critiche a volte piuttosto severe espresse in modo caustico, ma con cui abbiamo condiviso un “pezzo di strada” in particolare quando più di un decennio fa, demmo alle stampe una sua raccolta di scritti “Cogliere l’Occasione” e con cui abbiamo condiviso momenti di approfondimento importanti come il Convegno “Resistere alla NATO” del 30 maggio 2015.
E qui vogliamo ricordare altri due suoi contributi ancora utili come la raccolta di testi da lui curata per la Bordeaux edizioni: “Togliatti internazionalista. Antologia degli scritti 1926-1944” e “Algeria 1962-2012. Una storia del presente. Dalla guerra di liberazione alla guerra asimmetrica” pubblicato da la casa Usher.
Di Emilio vorremmo ricordare la ripresa della riflessione leninista sull’organizzazione in tempi in cui la cultura della sinistra di classe nel nostro paese l’aveva posta nel dimenticatoio, dando luce a differenti lavori spesso scritti “a più mani” e che avevano rimesso al centro del dibattito la forma-partito come idea-forza per i comunisti.
Come ha ben scritto un nostro compagno nel suo personale ricordo: “un vulcano di idee, di passione e di umanità”.
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Da Infoaut: “Ciao Emilio vogliamo ancora tutto” (link)
Con Emilio abbiamo condiviso negli ultimi anni momenti di dibattito e di discussione sui temi che più gli stavano a cuore: la nuova composizione di classe con il diffondersi sempre maggiore del paradigma della subalternità, l’incrocio tra l’oppressione di classe, quella sulla linea del colore e la lotta delle donne, la guerra imperialista ed il neocolonialismo, le rivolte in Francia e l’intreccio tra questi fenomeni.
Il suo metodo pervicacemente operaista, affiancato ad una mente aperta e vivace, ad una cultura onnivora ed ad una voglia costante di continuare a ricercare, confrontarsi con i fenomeni sociali dei quartieri popolari dalla sua Genova fino all’amata Marsiglia gli hanno permesso di intuire in anticipo molti dei temi di riflessione che oggi sono all’ordine del giorno.
Diversi sono i suoi libri che sono diventati dei cult nelle librerie dei compagni e delle compagne più giovani, solo per citarne alcuni: “Andare ai resti. Banditi, rapinatori, guerriglieri nell’Italia degli anni Settanta” (2004), “Autonomia operaia. Scienza della politica e arte della guerra dal ’68 ai movimenti globali” (2008), “Noi saremo tutto. Nuova composizione di classe, conflitto e organizzazione” (2012), “Sulla Guerra. Crisi Conflitti Insurrezione“, “Le condizioni dell’offensiva. Senza Tregua. Giornale degli operai comunisti”. Di recente pubblicazione per Derive Approdi è “L’altro bolscevismo. Lenin, l’uomo di Kamo”.
L’ultima volta che abbiamo parlato con Emilio, già affaticato dalla malattia, ha iniziato il suo intervento dicendo “E’ vero, noi siamo messi male, ma loro sono messi peggio” in riferimento allo stato del comando capitalista. Una dimostrazione della sua fiducia nelle capacità del proletariato, dei subalterni di tornare a contare e sfidare il regime di oppressione capitalista.
Ciao Emilio, ti immaginiamo con la tua maglietta dell’Olympique Marseille nei vicoli a progettare l’assalto al cielo.
Emilio verrà ricordato il 16 agosto, alle ore 12, al Tempio Laico di Staglieno, nella sua Genova. Nei prossimi tempi riprenderemo alcuni dei suoi interventi e contributi che abbiamo pubblicato negli scorsi anni.
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Da Euronomade: “Per Emilio”, da Effimera: “Ciao Emilio nipote caro” di Rosella Simone (link 1 e 2)
Non ricordo esattamente quando siamo diventati parenti, è stato un po’ per gioco, e un po’ per mettere in chiaro che i legami, quelli che contano, ce li sceglievamo noi, che non ci legava la grettezza di chi conta sull’eredità, né quella cosa ambigua che è la consanguineità. Ci univa la direzione dove volevamo andare, compagni di viaggio per un’avventura lunga la vita, per provare a cambiare, dal basso, il corso della Storia e vedere, finalmente, vincere Spartaco invece delle aquile di Roma, la sua gloria e i suoi massacri.
A vent’anni te ne andavi per Genova spavaldo e indifferente, riccioli neri e una faccia da schiaffi da far girare la testa, in jeans stretti, camicia bianca aperta sul petto e un foulard azzurro cielo annodato al collo, praticamente un’arma di seduzione di massa. Ci si conosceva, ma “parenti” lo siamo diventati a Marassi nel 1976, prima del diluvio. Io ero in cella con la tua coimputata Enza Siccardi, tu al transito e Giuliano Naria, allora il mio compagno, in isolamento. Ce lo hanno tenuto tre mesi e tu con tanti “bravi ragazzi” avevate provato a liberarlo. Deve essere stato allora che siamo diventati parenti. E lo siamo rimasti, sempre.
Poi sono arrivati gli anni Ottanta. Un disastro, per coloro che avevano sognato insieme, non so dire se la rivoluzione o qualcosa di ancora più radicale, come il rifiuto di ogni conformismo, della rassegnazione, della umiliazione della servitù volontaria; che avevano avuto il coraggio di provare una idea di libertà, di credere in un’etica delle relazioni e di combattere per le proprie visioni.
Gli anni Settanta se n’erano andati lasciando tradimenti ed eroina. Non sei mai stato uno che si arrende e hai fatto del tuo corpo “la tua casa e la tua corazza”. Il body building è stata una scelta di rigore, e anche un altro luogo di incontri non convenzionali, impreviste aree di resistenza.
Allora cavalcavi una Yamaha XT, dietro, allacciata con gli elastici, la sacca da ginnastica. Ogni tanto passavi da Garlenda, in sella portavi una bella ragazza, un amico e poi te ne andavi, lasciando scie di allegria.
A un certo punto, non so come, mi sei diventato un intellettuale raffinato e molto leninista. Un po’ troppo per me che ti amavo più lieve. Mi hai spiegato, o almeno è questo che ho voluto capire, che, nei tuoi libri (ne hai scritti tanti) ponevi, a chi si assume la responsabilità dell’azione, un quesito radicale: puoi farlo solo se hai un progetto, un’etica e tanto rigore. Era, insomma, una provocazione e una consegna al futuro. Passavi, insomma, a chi sarebbe venuto “dopo” quelli che per te erano i “fondamentali”.
“Andare ai resti” dei tuoi libri è il mio preferito, racconta gli anni settanta, come nessuno mai è stato capace di fare e una geografia che non esiste più. Racconta Genova e i suoi quartieri e i figli irrequieti di una classe operaia garantita con la tessera del Pci in tasca. Figli con il guizzo di guardare oltre l’orizzonte, che volevano pane, companatico e anche le rose, tante, rosse, sempre fresche. Una generazione che “per l’avventura aveva il passaporto”.
Più giovani della generazione che occupava le università nel ’68, quella di Gianfranco Faina, quella di Clara, di Enza, di Giuliano o quella di Daniele Joff e Paolo Broggi (a Emilio piaceva Lotta continua) ma simili nel rifiuto all’autoritarismo, naturalmente antifascisti, con la voglia di una sapere nuovo, svecchiato, visionario, di relazioni non opportunistiche fondate sulla fiducia e sull’amicizia.
Ad assistere Emilio – un Emilio pallido, gonfio che riprova a credere che la guarigione fosse possibile, sofferente senza un lamento, cazzeggiando con ironia un po’ di politica, un po’ della Sampdoria, un po’ dei suoi libri che sarebbero usciti postumi – , a dormire con lui, a preparare i pasti perché la moglie Eugenia potesse prendersi qualche giorno di riposo, c’erano due mitici avanzi di galera, Claudio e Bruno, duri con i cattivi, con Emilio badanti teneri e presenti come mamme. Con una intimità rispettosa e pudica del corpo dolente dell’altro che mi ha sorpreso e commosso. E c’era la Betta, capace di farlo sorridere anche nei momenti più delicati, quelli in cui il corpo malato è costretto a esporsi indifeso, in tutte le sue miserie.
Emilio ne era estasiato, mi mandava le foto di lui con Bruno, arrivato sorridente dopo 50 anni esatti di galere e latitanza, e scriveva: ”Ciao Zietta, le foto che ti ho mandato dimostrano quanto imprevedibile sia la vita ma anche come ci sia un nocciolo duro nelle cose, decisamente inossidabile. 50 anni sono più di una vita, eppure ti ritrovi come fosse ieri, in maniera assolutamente normale come se invece di essere a casa mia fossimo al Transito di Marassi” .
Gli anni Settanta hanno costruito anche questa “comunità del Fronte”. Aver vissuto quel tempo è stato un privilegio che il disgusto del presente non ci toglierà. Forse degli illusi, miserabili mai.
Ovviamente, questa è una rassegna incompleta.
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Di seguito i libri pubblicati da Emilio Quadrelli che riteniamo più importanti
- Autonomia operaia. Scienza della politica e arte della guerra dal ’68 ai movimenti globali. NDA Press 2012, Interno 4 2020
- Andare ai resti. Banditi, rapinatori, guerriglieri nell’Italia degli anni Settanta. Derive Approdi, 2014
- Le condizioni dell’offensiva. «Senza tregua. Giornale degli operai comunisti»: storia di un’esperienza rivoluzionaria. (A cura di Emilio Quadrelli, Red Star Press 2019)
- L’altro bolscevismo. Lenin, l’uomo di Kamo. Derive Approdi 2024
- Gabbie metropolitane. Modelli disciplinari e strategie di resistenza. La Casa Usher 2013
- Sulla guerra. Crisi conflitti insurrezione. Red Star Press 2017
- Evasioni e rivolte. Migranti, Cpt, resistenze. Agenzia X 2007
- Algeria 1962-2012: una storia del presente. Dalla guerra di liberazione alla «guerra asimmetrica». La Casa Usher 2012
- Togliatti internazionalista. Antologia degli scritti 1926-1944. Bordeaux 2014
- La città e le ombre. Crimini, criminali, cittadini. Con Alessandro Dal Lago, Feltrinelli 2006
- Classe partito guerra. Ce n’est qu’un debut. Continuons le combat! Con Giulia Bausano, Gwynplane 2015
- Per Lenin. Materialismo storico e politica rivoluzionaria. Una guida per l’azione ad uso di una nuova generazione di militanti. Con Giulia Bausano, Gwynplane 2012
- Noi saremo tutto. Nuova composizione di classe, conflitto e organizzazione. Con Paolo Cassetta, Miltant, Gwynplane 2012
Esistono in rete numerosi contributi video con Emilio Quadrelli. Una parte è visibile sulla pagina youtube del ns collettivo
1) Noi Saremo Tutto, intervento di Emilio Quadrelli, Genova 2014
2) Dopo il 18 e il 19 ottobre, intervento di Emio Quadrelli, Genova Piazza di Posta Vecchia, 2014
3) Guerra e capitale, Emilio Quadrelli, Genova 2013
4) Noi Saremo Tutto, Emilio Quadrelli. Genova 2013