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La crisi energetica e l’inflazione, l’aumento del costo dei beni di prima necessità e delle bollette, i bonus insulsi e le indicazioni per il buon consumatore: la sensazione è quella di non riuscire a districare la matassa, mentre l’unica certezza rimane la morsa costante del carovita e la necessità di organizzarci per fronteggiarlo; considerando soprattutto che l’attacco padronale, costituito dai processi di privatizzazione dei settori strategici insieme all’erosione dello stato sociale non accennerà a interrompersi. E poco cambia, come insegna la storia recente, se a governare è il centrodestra o il centrosinistra.
La crisi energetica attuale, che ha avuto un effetto a cascata anche sui beni di prima necessità e sul trasporto è dovuta innanzitutto a un meccanismo speculativo iniziato ben prima della guerra in Ucraina al contrario della narrazione dominante, le cui conseguenze sembrano ineluttabili a fronte della scelta del nostro paese di lasciare nelle mani del mercato un settore strategico come quello dell’energia.
Per fare un esempio chiaro di quanto sta accadendo, quelli che per la classe lavoratrice si traducono in bollette da capogiro, per le multiutility come Iren si stanno traducendo direttamente in extraprofitti pari a 219 milioni di euro. Le misure messe in atto dal governo come i bonus anti-inflazione sono ridicole e non fanno che aumentare il mal contento di una classe popolare i cui salari sono sistematicamente diminuiti negli ultimi trent’anni, soprattutto a causa della necessità di abbassare i costi della mano d’opera per poter competere a livello europeo e internazionale.
È impossibile, per altro, non ricordare come nell’ultimo anno siano state varate una serie di misure guerrafondaie e filo USA che hanno tra le altre cose eliminato l’IVA sulle armi e alzato al 2% del PIL i finanziamenti previsti al comparto militare, mentre l’attacco progressivo e costante a tutti i servizi pubblici incide direttamente sulla questione del carovita.
Davanti a uno scenario così catastrofico per la classe lavoratrice, la sospensione del pagamento delle bollette è un’ipotesi reale, oltre che una conseguenza inevitabile visto che si stimano circa 2 milioni di famiglie in povertà assoluta; allo stesso tempo però non va fatto l’errore di tralasciare il vero dato strutturale e cioè che i salari in questo paese non sono sufficienti per vivere.
Non vogliamo che i costi del carovita ricadranno sui lavoratori. Quegli stessi lavoratori che sono sfruttati da tutti i padroni, piccoli o grandi che siano.
Quegli stessi padroni che, da un lato chiedono di abolire il sostegno al reddito e dall’altro pagano pochissimo i dipendenti, li fanno lavorare in nero, si oppongono ad ogni forma di salario minimo, vorrebbero abolire il reddito di cittadinanza.
Vogliamo un salario minimo dignitoso, vogliamo un meccanismo di adeguamento dei salari al costo della vita.
Non vogliamo pagare per le guerre di chi governa, ne per i profitti di chi specula.
La democrazia che vogliamo difendere non è quella dei padroni, degli USA, della NATO, dell’Unione Europa, delle borse o dei mercati.
Ma quella dei lavoratori.
Collettivo Comunista Genova City Strike