Nel porto di Genova è ancorata una nave che porta armi. Per l’ennesima volta. A denunciarlo, ancora una volta il CALP di cui riportiamo foto e comunicato. Dopo lo sciopero del 31 marzo con assemblea contro la guerra (video qua) e il presidio corteo con le associazioni pacifiste laiche e cattoliche (ne parliamo qua), la lotta non si ferma. Evidentemente il traffico di armi e la sua produzione rende bene ai padroni. Così come l’escalation guerrafondaia dei nostri governanti e dei nostri media. Nei giorni scorsi comunque, la lotta contro l’invio di armi in Ucraina ha cominciato ad allargarsi. In Grecia, i ferrovieri hanno cominciato a rifiutarsi di lavorare sui treni carichi di armi NATO per l’Ucraina, così anche i portuali di Salonicco (video qua).
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Comunicato CALP
CARRI ARMATI A BORDO DELLA BAHRI JEDDAH
Anche questa volta nonostante il cordone di polizia e guardia di finanza e la complicità del silenzio dell’Autorità portuale, i lavoratori del porto di Genova hanno smascherato il carico di morte della nave Bahri.
Si tratta di carri M1 Abrams già armati, prodotti in USA e diretti in chissà quale sporca guerra a bordo come di consueto delle navi della morte Bahri dell’Arabia Saudita. Sul ponte della stessa nave viaggiano in bella vista container pieni di munizioni e esplosivi.
Tutto ciò senza che ci sia mai alcun controllo delle autorità competenti (Prefettura, Autorità portuale, Capitaneria di porto) nei confronti di queste navi denunciate da 3 anni a questa parte dai lavoratori e dai movimenti pacifisti e antimilitaristi, istanze ripetute nella manifestazione del 2 aprile scorso e consegnate al Presidente del porto Signorini che non ha degnato di una risposta né la società civile e nemmeno i Vescovi di Genova e Savona che se ne sono fatti principali interpreti.
Gli unici controlli in porto sono diretti contro i lavoratori ai quali viene impedito di verificare la presenza e la destinazione di armi che essi non vogliono contribuire a fare circolare nel mondo, coscienti delle sofferenze e delle distruzioni che esse arrecano ai popoli già sfruttati dalle stesse potenze geopolitiche che quelle stesse armi producono e sulle quali lucrano. Ciò nondimeno grazie al coraggio di alcuni lavoratori abbiamo queste immagini che chiediamo a tutti di diffondere inchiodando alle loro responsabilità morali e materiali gli interessi politici e economici che ne sono all’origine.
PRETENDIAMO DI LAVORARE PER COMMERCI DI PACE NON DI GUERRA CRIMINALE.
BASTA ARMI NEL PORTO DI GENOVA E IN TUTTI I PORTI.
ACCENDIAMO I FARI DI PACE