Il 31 marzo, a Genova, USB Porto ha convocato uno sciopero contro l’ennesimo passaggio di navi cariche di armi, in viaggio verso conflitti spaventosi e sanguinosi, quelli che in questi anni non ci hanno raccontato.
L’appuntamento classico è alle 6 davanti a Ponte Etiopia. Dalle 10,30 ci si sposta al CAP Di Via Albertazzi per una assemblea operaia contro la guerra. Noi ci saremo e invitiamo tutti a partecipare. I motivi li spiegano benissimo i materiali prodotti dai compagni che mettiamo di seguito. Non c’è bisogno di aggiungere altro. Del pacifismo con l’elmetto della NATO, dell’Unione Europea, dei nostri media, del nostro governo non sappiamo che farcene. Definirlo senza imprecazioni è sostanzialmente impossibile (ci abbiamo provato qua assieme al CALP, ma chi ci legge non ha bisogno certo di farselo raccontare). Di seguito i documenti di preparazione per la giornata di giovedì. Invitiamo tutti e tutte a partecipare, e a diffondere i materiali.
Genova City Strike
Video del CALP
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Da USB Porto di Genova
31 MARZO 2022 SCIOPERO DEL PORTO DI 24 ORE CONTRO IL TRAFFICO DI ARMI
Lo sciopero avrà la seguente articolazione: a partire dal quarto turno del 30 marzo 2022 (22.00 / 00.00 / 01.00) fino al terzo turno compreso del 31 marzo 2022 (21.59 / 23.59 / 00.59) Presidio con blocco a ponte Etiopia dalle ore 6.00 alle 10.30. A seguire assemblea presso il CAP di via Albertazzi, 3r.
Il prezzo dei conflitti lo pagano i lavoratori con licenziamenti e carovita. Non un centesimo, un fucile o un soldato per la guerra. Blocchiamo i nostri porti dal traffico di armi.
In questi ultimi anni nel Porto di Genova, i lavoratori portuali si sono sempre mobilitati contro quelle navi che alimentano le guerre in ogni angolo del mondo trasportando armamenti verso conflitti sanguinosi. Da molti anni, le guerre mietono vittime in tutto il pianeta, i recenti avvenimenti in Ucraina hanno soltanto reso evidente come la forma guerra sia oramai diffusa non risparmiando neppure l’Europa. I nostri governi non trovano di meglio che alimentarla, soffiando sul fuoco, annunciando l’invio di nuove armi. Si assiste in questi giorni ad un continuo aumento della spesa militare, 2% del PIL, mentre la povertà cresce, il carovita e il costo stellare di bollette, carburanti, generi di prima necessità erodono salari e pensioni, il tutto dopo due anni di crisi pandemica dove non si è trovato un euro per le spese sanitarie. I Porti commerciali e turistici, anno dopo anno, sono diventati punti sensibili militari con conseguenti rischi per l’incolumità dei lavoratori e della cittadinanza. Le politiche del nostro governo e dell’Unione Europea , sempre a favore di interessi economici privati, stanno mandando la classe operaia al macello, verso un punto di non ritorno. Per vivere in pace serve la giustizia sociale. Occorre una politica che smetta di alimentare ingiustizie, che cominci a progettare un futuro diverso. Fermare le armi che transitano sui nostri scali è solo un passo. Solo le lotte dei lavoratori possono fermare una politica che alimenta ingiustizie e povertà, che alimenta i nazionalismi, che corre verso nuove e più sanguinose guerre. Per queste ragioni USB Lavoro Privato del Porto ha dichiarato 24 ore di sciopero il 31 marzo, in concomitanza con il transito di una nave Bahri col suo carico di armi. Dobbiamo allargare questa lotta, dobbiamo lottare per la pace, per i diritti di chi lavora, contro le scelte scellerate del Governo Draghi, per sconfiggere un sistema in crisi in cui a pagare sono sempre i più deboli.
Genova, 22 marzo 2022
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Da Coordinamento Nazionale Porti di USB
Verso la mobilitazione generale del 22 aprile a Roma. Il coordinamento nazionale lavoratori portuali USB lancia una giornata di lotta per il 31 marzo a Genova. Dalle ore 6 presidio presso il Ponte Etiopia. Ore 10:30 assemblea nazionale operaia presso il CAP di Via Albertazzi.
Il prezzo del conflitto lo pagheranno i lavoratori con licenziamenti e carovita. Non un centesimo, un fucile o un soldato per la guerra.
Blocchiamo i nostri porti al traffico di armi. E’ l’ora della variante operaia
Come lavoratori portuali non abbiano nessuna intenzione di restare indifferenti di fronte ai nuovi venti di guerra che soffiano di nuovo in Europa.
Questo conflitto, che ha una genesi che va ben oltre la ricostruzione di comodo dei nostri media nazionali e dei nostri politici, come ogni guerra nella storia avrà delle pesanti conseguenze per tutti i noi. A pagarne le spese saranno proprio i lavoratori e le lavoratrici. In Ucraina e Russia ovviamente, ma anche nei paesi Europei, attraverso l’aumento del costo dei beni energetici come gas e petrolio e delle spese militari. Tutto ciò porterà a dei contraccolpi devastanti per il nostro paese. I licenziamenti di massa e le ristrutturazioni, che non si sono mai fermate, andranno avanti senza sosta. Milioni di lavoratori, già in difficoltà a seguito della crisi pandemica, si ritroveranno con aziende chiuse e stipendi più bassi. Con l’aumento del carovita e nessun adeguamento salariale complessivo a partire dai minimi tabellari, il potere di acquisto sarà ridotto drasticamente. Il Prezzo della benzina che ha raggiunto prezzi record (2,50€ per litro) inciderà anche sulla mobilità dei lavoratori e sul costo dei prodotti finali a partire anche da quelli alimentari.
Tutto ciò mentre il nostro Governo, utile servo della Nato e degli interessi Americani, cerca di trascinarci ancora di più nel conflitto con invio di risorse economiche e sanzioni. Politiche che alimentano solo il conflitto. Perché è nostra convinzione che l’economia di guerra e i traffici d’armi che questa determina sono una delle principali cause dei conflitti e della loro deflagrazione quando le classi dirigenti li alimentano, operando in palese spregio delle leggi nazionali secondo cui l’Italia ripudia la guerra e si astiene da ogni fornitura e supporto militare alle parti belligeranti.
Quello che dovrebbe essere un punto fermo della vita politica e civile del nostro Paese, da decenni ormai è stato completamente messo in soffitta in ossequio ad interessi industriali e geopolitici del tutto estranei ai lavoratori.
Il tema della guerra e quello del lavoro sono strettamente collegati. Tenerli separati sarebbe un errore, soprattutto per noi lavoratori portuali che lavoriamo a stretto contatto con le merci e non vogliamo essere complici della guerra movimentando armamenti di qualsiasi tipo e qualsiasi destinazione nei nostri scali.
Per questi motivi il coordinamento nazionale dei portuali USB ha deciso di lanciare una giornata di mobilitazione a Genova in occasione dell’arrivo nel porto della nave Saudita Barhi carica di armamenti statunitensi.
In queste settimane i nostri lavoratori hanno effettuato un lavoro di monitoraggio negli scali in cui siamo presenti denunciando qualsiasi movimento di armamenti, da Genova a Livorno, passando per Trieste e Civitavecchia. All’aeroporto di Pisa i lavoratori USB si sono già rifiutati di caricare armamenti su un aereo civile che, sulla carta, avrebbe dovuto trasportare aiuti umanitari.
Abbiamo deciso di convergere su Genova il 31 marzo promuovendo anche un’assemblea nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici impegnati su questi fronti. Un momento importante di lotta e confronto che servirà anche per confermare la nostra adesione alla mobilitazione del 22 aprile a Roma quando i lavoratori dell’industria, del commercio, della logistica, del trasporto e dei porti scenderanno in sciopero e porteranno direttamente a Roma, di fronte ai palazzi del potere, la loro rabbia e la loro determinazione.
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