E’ iniziato, con una presentazione alla stampa, il dibattito pubblico che dovrebbe portare all’avvio della costruzione di una nuova diga foranea nel Porto di Genova. Già in precedenza avevamo trattato l’argomento con un intervento di USB Porto (qua). I dubbi su quanto bolle in pentola sono però più diffusi. Riportiamo qui un articolo del giornalista Andrea Moizo per Ship2store (qua)
Le sottolineature sono nostre
Buona lettura
Se ne parla da 8 anni circa, ma solo oggi, con l’inizio del dibattito pubblico (che si chiuderà in 20 giorni e non nei 4 mesi consentiti dalla norma) che accompagna per legge la progettazione di fattibilità tecnico-economica dell’opera (affidata per circa 13 milioni di euro a Technital), sono stati resi noti gli esiti dell’analisi costi-benefici per valutare l’impatto della realizzazione della nuova diga foranea del porto di Genova.
Secondo il progettista “il rapporto tra benefici e costi risulta sempre superiore a 1,5 per tutte le soluzioni e in tutti gli scenari considerati”. A fronte di un’opzione zero (cioè senza opera) in cui nella migliore delle ipotesi il milione di TEUs movimentato oggi nel bacino di Sampierdarena (il porto storico, su cui l’opera maggiormente incide) resterà tale (o, nello scenario peggiore, si dimezzerà), l’analisi di Technital prevede che con la nuova diga fra 2027 e 2028 i volumi raddoppieranno, per poi schizzare a 2,5 milioni poco dopo.
Numeri sorprendenti, tanto più se si considera che a fine 2019 l’intero paese movimentava 10,8 milioni di TEUs (al lordo del transhipment per giunta) contro i 10,6 del 2007; +1,9% in 12 anni. Ma non è stato chiarito quale shock di domanda dovrebbe miracolare le banchine genovesi, anche considerando che, nell’arco di tempo in cui si pensa di costruire la diga, il nuovo terminal di Vado Ligure sarà pienamente entrato in funzione, l’LSCT di La Spezia sarà raddoppiato e Livorno supererà i 2 milioni di TEUs di capacità (con almeno 450 milioni di euro di investimenti pubblici), per restare all’area geografica di riferimento.
Al netto di uno studio della stazione appaltante (Autorità di Sistema Portuale di Genova) e uno commissionato al Censis dalla Fondazione del Mare, non sono state rese note le fonti da cui Technital ha tratto questi numeri esplosivi. Indisponibile la titolare del dicastero Paola De Micheli (intervenuta solo per i saluti, per notificare la disponibilità del Governo a finanziare quanto necessario se non basteranno i 500 milioni chiesti a Bruxelles in ambito recovery plan e annunciare il ricorso alla Corte di Giustizia sulla vicenda tassazione delle AdSP), il sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti Roberto Traversi si è smarcato (“non mi sono occupato dei numeri”), mentre il presidente dell’AdSP Paolo Emilio Signorini ha rimarcato il fatto che “senza diga, parte significativa dell’attuale capacità dei terminal sarà in breve obsoleta”.
Il che, anche vero, non spiega l’origine dell’impennata della domanda che Technital ha posto a base dell’analisi costi-benefici. È stato allora il sindaco di Genova Marco Bucci a intervenire spiegando “che non è con questi ragionamenti e questi calcoli che si fanno le opere. Ci vuole visione”. Chissà se a Bruxelles, cui si chiede mezzo miliardo, si accontenteranno degli alati rimandi a Raffaele De Ferrari (che 120 anni fa, a dispetto del primo cittadino, era morto da un quarto di secolo) e si berranno il falso storico dell’origine latina del nome della città (da ianua, porta, tesi smentita ormai da anni dalla linguistica) o se pretenderanno che come tutto il continente anche l’Italia segua le linee guida europee basate appunto sull’analisi costi-benefici?
Se per i traffici le previsioni sono dunque fantasmagoriche, gli effetti occupazionali continuano intanto a restare un mistero. Vedremo nei prossimi incontri, anche perché il tema è centrale per il territorio, dato che al recupero dei volumi registrato dal 2008 in poi (+50% in tonnellate), che ha riportato il porto a livelli paragonabili a quelli del 2007, si è accompagnata una crescita occupazionale inferiore all’1%. Anche senza entrare nelle dinamiche salariali, la correlazione fra volumi e posti di lavoro, vuoi per automazione, rese, produttività, resta preoccupantemente scarsa.
Nel frattempo, mentre l’ammiraglio Nicola Carlone, Direttore marittimo della Liguria e Comandante del Porto di Genova, più ancora degli altri partecipanti è sembrato tecnicamente orientato, fra le tre proposte, sulla selezione della cosiddetta “soluzione 3” (si veda l’immagine in pagina), è emerso qualche dato su soldi e tempi. Secondo Technital, che ha diviso ogni opzione in due parti, la prima fase costerà fra 750 e 950 milioni di euro, mentre per completare l’opera serviranno fra gli 1 e 1,3 miliardi.
Incongruenze sui tempi. Dall’orizzonte ufficiale (secondo l’AdSP) del 2030, Technital è scesa a 8 anni: 1 per la progettazione (in corso la prima fase) e 7 per la realizzazione. Resta da capire come ciò si concili col recovery fund, che prevede il finanziamento di progetti da completarsi tassativamente entro il 2026: tempus fugit direbbe il sindaco.