Sabato 12 gennaio 2019, Potere al Popolo Genova ha partecipato un dibattito dal titolo “Il decreto sotto la pelle” organizzato da CLICI (Coordinamento Ligure Cittadini Immigrati). La discussione è stata molto pratica, su come creare una rete di mutuo soccorso in città. Nell’occasione, è stato prodotto anche prodotto un testo politico che pubblichiamo per chi fosse interessato.
Per una politica di classe contro i decreti sicurezza
Care compagne e cari compagni. Innanzitutto vi ringraziamo, come potere al popolo Genova per l’invito a questo dibattito. Per noi è un onore essere qui ed è un onore poter confrontare la nostra posizione con tutte le altre che qui si alternano.
Crediamo di aver poco tempo quindi andiamo necessariamente per punti, limitandomi a dei cenni sulle cose che sono già state dette, soprattutto quelle con le quali siamo in sintonia.
La prima cosa è che noi oggi parliamo del decreto sicurezza appena approvato dal Ministro dell’odio Salvini ma di decreti di questo livello repressivo in questi anni ne abbiamo visti tanti. Lunedì scorso, a Genova, abbiamo partecipato tutti a un bel presidio/corteo contro il decreto sicurezza. C’eravamo anche noi, pur avendo deciso di non aderire ufficialmente, perché, semplicemente, non potevamo non esserci. E la partecipazione di piazza ci ha risollevato un po’ tutti. E questo è un bene. In quella sede, noi eravamo tra quelli brutti sporchi e anche un po’ cattivi. Alcuni slogan contro Minniti e il PD alla fine hanno fatto innervosire qualcuno. Ci è stato detto che non era il caso di assumere atteggiamenti divisivi.
Pensiamo anche noi, che l’unità, contro queste leggi sia una buona idea. Perché quindi ricordare il passato, perché dividere il fronte?
Badate, se si trattasse solo di una polemica fra organizzazioni, potere al popolo, PD o altri, sarebbe ben poca cosa. In realtà, siamo convinti che non è così.
In quella, come in altre sedi, dichiariamo che ci interessa poco stabilire il grado di crudeltà applicabile verso i più deboli, gli emarginati o i migranti.
Certo, Salvini e il governo giallo-verde rappresentano un di più. Non solo perché il decreto Salvini rappresenta un peggioramento delle altre schifezze fatte in precedenza ma perché il tutto è accompagnato da tonnellate di odio fascista in una rincorsa a spararla sempre più grossa che non può che fare paura. Ed è proprio perché ci fa paura e ribrezzo che occorre chiedersi come reagire.
L’unità quindi deve essere ricercata ma bisogna prima capire cosa vogliamo fare, se quel che vogliamo mettere in campo è utile, inutile o addirittura dannoso.
Ci piacerebbe poter dire, ma in realtà non è vero, che siamo precipitati in un buco nero perché la maggioranza dei nostri cittadini è momentaneamente impazzita e ha votato per dei fascisti. Secondo noi questa questione è dirimente. Ma non per un ragionamento astratto, sono i numeri che ce lo dimostrano. Il numero dei migranti morti in mare, per fare solo un esempio. Sono molti anni, in cui governavano coloro che oggi ci spiegano l’antifascismo, che si muore nel mediterraneo. Il ministro attuale, ha ringraziato il suo predecessore per gli accordi con la Libia.
Il daspo urbano è un’altro esempio: il primo testo contro questa norma odiosa lo scrivemmo ben prima delle elezioni. Chi ci governava allora?
Vi chiediamo scusa se facciamo l’elenco delle iniziative ma serve per capire. Sotto Natale, con un gruppo di solidali, abbiamo accompagnato 4 famiglie sotto l’arcivescovado per chiedere di non sgomberare questi lavoratori e questi cittadini in difficoltà. Contestualmente chiedevamo che venissero riattivate le utenze: acqua, luce e gas che sono state staccate in virtù di un precedente decreto del Governo Monti, decreto che non si chiamava sicurezza ma era parte delle stesse porcherie repressive. Chi governava allora? Forse i democratici e progressisti di oggi? Quelli che oggi vorrebbero guidare la riscossa contro il populismo reazionario?
Ci si dirà che non è il caso di tirare fuori gli errori del passato. E va bene, se serve, ci chiudiamo gli occhi, il naso e le orecchie. Ma ci interessa però una cosa: vogliamo sconfiggere il mostro Salvini perché vogliamo tornare a quelle politiche?
Perché se non è così, allora capiamo cosa si vuole fare, se si fa autocritica, se si invertono tutte le politiche degli ultimi venti anni, altrimenti non si capisce che ci uniamo a fare. E questo, a oggi, noi non lo abbiamo capito.
Ultima cosa. Come è stato fatto notare, il decreto non è soltanto contro gli immigrati, ma è contro i poveri. Ci piacerebbe un decreto contro la povertà, invece governano contro i poveri. Ed è inutile che diciamo che sono cose molto diverse.
Però, è evidente, che è il tema delle migrazioni a farla da padrone. E’ quel tema che agita le menti repressive. E allora, forse è meglio provare a fare una riflessione in merito.
In questi anni abbiamo letto tutti che ci sono varie cause alle migrazioni. Che migrare può avere effetti positivi, di incontri tra culture, contaminazioni, meticciato. Tutto giusto, a dire il vero, e chi lo ricorda fa bene a farlo.
Però noi pensiamo che la causa principale, ancora oggi, delle migrazioni sia ancora quell’altra. Sarà la formazione marxista che è il nostro abito che non ci siamo stancati di mettere ma a noi pare che chi migra sia spinto dalla fame, dalla privazione di diritti e futuro, dallo sfruttamento colonialista.
In questo senso, la parola migrazione cessa di essere romantica e si riporta alla sua interezza i cui tratti dolorosi sono evidenti.
C’è una espressione, che si sente spesso: “dobbiamo aiutarli a casa loro”. Chissà cosa intendono? Quanto fatto fino ad ora? Depredandoli delle risorse, alimentando lo sfruttamento, finanziando le guerre? Questo è ciò che fa non solo l’Italia, lo fa la Francia, lo fa l’Unione Europea, lo fa la NATO lo fanno gli USA.
E cosa succede quando intere fette di generazioni di uomini e donne lascia il proprio paese? Cosa succede in quel paese: le rimesse certo, ma siamo certi che quei soldi siano di aiuto per affrancarsi dalle catene dello sfruttamento? Siamo sicuri che servano per sviluppare l’economia indipendente di quei paesi? Siamo certi che non alimentino invece quelle spirali di rendita e diseguaglianza in cui pochi ricchi guadagnano e gli altri soffrono?
E come impatta l’immigrazione nel paese di destinazione? Come i padroni e la politica gestiscono il fenomeno? Quando usiamo espressioni come “fanno i lavori che gli italiani non fanno più” siamo sicuri di ciò che diciamo? E’ giusto dire che ci servono più immigrati perché in questo modo ci paghiamo le pensioni? Noi pensiamo di no.
Raccogliere pomodori a 3 euro l’ora sotto il fucile puntato da un caporale non è un lavoro che gli italiani non vogliono più fare: deve essere semplicemente proibito per tutti. Lavorare gratis a pulire giardini sotto lo sguardo di qualche politico apparentemente progressista è la soluzione o, forse, è parte del problema?
Ecco che allora ci appare evidente come la molla dell’indignazione umanitaria che ci scatta tutte le volte che i Salvini di turno aprono bocca è sicuramente un punto di partenza. Siamo umani, siamo umanitari, ci ha insegnato un noto rivoluzionario che, sì, bisogna essere duri ma non bisogna perdere la tenerezza. Ma è sufficiente?
Noi non crediamo. Crediamo che ci sia un problema più strutturale, che sta a monte, che viene usato apposta per dividere gli sfruttati in base al grado di sfruttamento.
Non è possibile tollerare che il diritto del lavoro in Italia sia stato devastato a tal punto che non esistano diritti minimi per tutti. Non esiste che chi arriva nel nostro Stato debba subire un iter giuridico lunghissimo che non gli permette di avere le minime tutele e lo tenga costantemente sotto ricatto. Allora si può essere coerentemente antirazzisti? E’ possibile una politica antirazzista utile e non solo mera espressione di sentimenti nobili? Noi ovviamente pensiamo di sì, ma non si può sganciare la questione del razzismo e della repressione dalle condizioni generali, economiche e di diritti di un paese intero. Bisogna combattere per l’intero, altrimenti non solo è ingiusto ma diventa inutile.
Affrontando questi temi invece, crediamo che si possa fare un balzo in avanti. Badate, in questi anni, di lotte significative in questo senso non ne sono mancate. Ma non sono state di certo le pur sacrosante prese di posizioni di questo o quel Sindaco. Sono state invece le lotte dei facchini della logistica, sono state le lotte bracciantili del Sud guidate dalla Coalizione Sans Papier e Migranti, sono state le rivolte dei rifugiati nei lager immondi del Veneto e in altre regioni contro le false cooperative.
E’ lì che bisogna ricercare l’unità. E’ lì che l’antirazzismo, l’antifascismo, la lotta contro la repressione diventano un qualcosa in grado di parlare a tutti gli sfruttati, a tutti i poveri e a tutti i diseredati. In grado di parlare cioè, a tutti i dannati della terra. Affinché si ribellino, prima che la dannazione colpisca tutti.
Grazie a tutti dell’attenzione.