Dopo l’appello iniziale dei compagni e delle compagne di Ex Opg , come collettivo Comunista Genova City Strike, abbiamo deciso di aderire a Potere al Popolo dall’inizio, lavorando alla sua costruzione. Per noi non era una scelta semplice per tanti motivi.
Da un lato vi era la rottura insita nel fatto che, fin da subito, si configurava la scelta elettorale con la quale avevamo e abbiamo tutt’ora una scarsa dimestichezza. Dall’altro vedevamo il rischio di ripetere i vecchi errori legati a un concetto, per noi astratto, di unità della sinistra: concetto apparentemente sensato ma inevitabilmente rischioso visto il comportamento e le pratiche politiche della sinistra italiana oramai da lunghi anni.
Nonostante alcune diffidenze abbiamo lavorato in maniera quasi esclusiva per questo progetto ben al di là della scadenza elettorale.
Nella fase di discussione iniziale, avevamo sostenuto che Potere al Popolo poteva vincere non se arrivava da subito a ottenere consensi elettorali ma se era in grado di riattivare militanti nei quartieri, attirarne di nuovi e dare una prospettiva politica a una serie di lotte di resistenza diffusa che non trovavano una sintesi.
Pur con tutte le difficoltà emerse in questi mesi, ci troviamo oggi a svolgere un bilancio in cui appaiono dei limiti ma anche notevoli potenzialità da esprimere.
Per noi lavorare, in particolare nel territorio ligure, a contatto con chi si approcciava per la prima volta a scelte politiche così impegnative è stato un passaggio positivo. Così come lavorare con molti militanti delle organizzazioni aderenti con i quali ci siamo intesi fin da subito valorizzando ciò che ci univa in un lavoro pressoché quotidiano. Non sono ovviamente mancati i problemi, emersi soprattutto nella fase post elettorale dove sono rispuntate molte delle vecchie logiche politiche.
Da un lato l’enfasi posta sulla insoddisfazione per il risultato elettorale, dall’altro l’abbandono o l’allontanamento di molti militanti provenienti dai partiti preesistenti e la chiusura di fatto di alcune sezioni di Potere al Popolo. In alcuni territori la sigla comune è sparita di fatto lasciando nuovamente campo libero alle precedenti organizzazioni politiche.
Tutto questo non è accaduto a Genova, a Imperia e nel Tigullio Golfo Paradiso dove l’attività è continuata presentando liste per le elezioni comunali e dove Potere al Popolo ha continuato a intervenire direttamente nelle vertenze politiche e sociali dei territori.
Arriviamo quindi al momento della scelta sullo statuto con un bilancio controverso ma riteniamo che la situazione sia tale da consentire il proseguimento dell’esperienza rilanciandola.
Non entriamo qui nello specifico delle scelte tecniche legate ai due statuti. Ci interessa invece capire quali visioni diverse emergano dalle due bozze presentate e su cui siamo invitati a esprimerci. La struttura organizzativa è per forza di cose soggiacente a una visione politica. Potere al Popolo si deve concepire come una organizzazione al servizio degli sfruttati. Le regole e lo statuto devono essere confacenti al tipo di politica che si vuole mettere in campo e non a un semplice campo di regole amministrative.
Per noi è quindi evidente che lo Statuto 1 “Indietro non si torna”, pur migliorabile, è confacente a una organizzazione politica autonoma con un rapporto diretto con la base e con le assemblee locali. Lo statuto 2 rappresenta invece un tipo di organizzazione che, da un lato si dota di strutture di tipo partitico classico (i delegati da ogni territorio), dall’altro ingessa l’organizzazione attraverso meccanismi di veto (il metodo del consenso…) utili solo a far si che le organizzazioni strutturate possano smarcarsi in qualsiasi momento inseguendo altre strade politiche.
Se non capiamo fino in fondo questo passaggio è evidente che la discussione che andiamo a svolgere è falsata. Da un lato coloro che propongono lo statuto 1 forniscono degli strumenti per una organizzazione che si ponga in rottura aperta con le vecchie logiche dell’unità a sinistra o del quarto polo, dall’altro si costruisce una struttura che usa Potere al Popolo a geometria variabile quando serve, tenendosi comunque pronti a costruire fronti più larghi attraverso accordi di vertice con una miriade di soggetti con i quali noi non vogliamo avere nulla da spartire.
Sullo sfondo rimane una diversità evidente rispetto ai ruoli che rendono utile Potere al Popolo. Da un lato un contenitore unitario in grado di decidere la propria azione politica in maniera totalmente autonoma. Dall’altro il solito carrozzone di una sinistra radicale (e qui le liste e le organizzazioni più o meno virtuali da unire si sprecano) che in questi anni ha dimostrato, non solo la sua inconsistenza, ma ha accompagnato la deriva politica che ha allontanato i lavoratori e gli sfruttati lasciandoli nelle mani della Lega e del movimento 5 stelle.
Per noi, fin dalla sua nascita, Potere al Popolo oscilla tra queste due visioni contrapposte. Non sappiamo se il 6 e il 7 ottobre si arriverà alla votazione su due statuti o si troverà un compromesso accettabile. Però è evidente, almeno per noi, che occorra scegliere definitivamente tra le due differenti visioni politiche.
Costruire una organizzazione aperta ma totalmente autonoma, in grado di rompere con le assurde logiche della sinistra degli ultimi decenni è il nostro obiettivo in Potere al Popolo.
Dell’unità della sinistra più o meno liberale ne facciamo volentieri a meno. Ciò che serve è una vera e propria palingenesi politica utile alla formazione di una forza popolare e anticapitalista in grado di parlare agli sfruttati e non ai soliti noti dell’estrema sinistra.
Da un lato ci sono da convincere i lavoratori e gli sfruttati, dall’altro si tratta di intavolare trattative con “l’isola dei famosi della sinistra radicale” per costruire alleanze elettorali inutili ai lavoratori e utili solo a sopravvivere. Occorre scegliere da che parte stare.
Per questo diciamo che indietro non si torna. E invitiamo a sostenere lo statuto 1.
Collettivo Comunista Genova City Strike