Istantanee da una deriva reazionaria
Partiamo da una notizia di cronaca di questi giorni: fine agosto 2017, nel quartiere popolare romano di Tiburtino 3 una signora denuncia di essere stata oggetto di lancio di pietre da parte di un ragazzo ospite di un centro di accoglienza per migranti. Dichiara inoltre di esser stata sequestrata con un bambino e ciò avrebbe causato la reazione di un gruppo di abitanti contro gli ospiti della struttura. Per un paio di giorni questa e’ la notizia che campeggia in grande evidenza sui media insieme alla reazione degli abitanti in un corteo guidato dai neofascisti. Dopo poco tempo si scopre che la donna si era inventata tutto e che la lite era probabilmente frutto di un diverbio per futili motivi .
Come è’ stato possibile che per due giorni sia girata indisturbata una bufala simile è però curioso. Sappiamo tutti che, prima di scrivere, i giornalisti si informano e lo fanno abitualmente attraverso le forze di polizia (di cui pubblicano spesso le veline fornite ad arte). E’ perciò’ ampiamente improbabile che la polizia non sapesse da chi veniva la denuncia e chi fossero i cittadini accorsi a difendere la vittima della presunta aggressione. Bastava inoltre una piccola ricerca on line per svelare l’arcano e capire che nella zona succedono alcune cose molto particolari da anni e che l’episodio avrebbe dovuto almeno essere verificato. Capire cioè’ che si trattava, in tutta evidenza, di un episodio di guerra tra poveri e che l’idea della povera madre aggredita non era proprio credibile.
Ovviamente i media pubblicano poi anche la smentita ma con enfasi molto ridotta e fuori tempo massimo. E’ vero che l’informazione tradizionale al giorno d’oggi e’ in crisi e i giornali li leggono in pochissimi ma sarebbe comunque interessante capire quanti italiani, in percentuale, siano a conoscenza della cosa e quanti, tra questi, si siano fatti l’idea che nei centri di accoglienza si sequestrino persone e si prendano a pietrate impunemente dei bambini.
Sul fatto specifico non andiamo oltre. Bufale come queste girano in continuazione e non provengono da blog improvvisati o gestiti dalla destra xenofoba ma affollano l’informazione mainstream a partire dai media dell’impero De Benedetti fino alle televisioni nazionali. Gli unici che si ergono a paladini dell’informazione corretta e conducono campagne contro le fake news e per la libertà di informazione. Salvo poi produrre titoli dove si indica che nella statistica degli stupri in Italia, quattro su dieci sono compiuti da stranieri. Dimenticando gli altri sei e, soprattutto, facendo credere che sulla questione abbia importanza la nazionalità dello stupratore.
L’ipocrisia della stampa sui fascisti
Negli stessi giorni, un gruppo neonazista pubblica sui social network un manifesto infame (ripreso dalla iconografia degli anni trenta sulla difesa della razza) che fa il giro dei media. Lo riportano tutti i giornali, poco importa se schifati o contenti. Sui social network è onnipresente e permette al gruppo in questione di far parlare di sé. Ovviamente impazza il dibattito e gli osservatori democratici chiedono l’intervento della magistratura contro la propaganda fascista quando, per cominciare, basterebbe smetterla di pubblicizzare continuamente su tutti i media le alzate di ingegno di queste organizzazioni. Oppure smetterla di dichiarare il falso come quando l’assassinio fascista di Fermo viene considerato negando la matrice fascista dell’attentatore trasformato in un generico ultras calcistico.
L’impressione è che si voglia scherzare con il fuoco e che lo spauracchio dell’estrema destra venga agitato strumentalmente a favore di alcune forze che dovrebbero fornire un argine democratico contro la barbarie. Ovviamente l’argine democratico sarebbe fornito da quel blocco di potere imperniato nel PD e nei suoi alleati variabili da ricercarsi nella destra moderata o nella sinistra cosiddetta ragionevole. Il tutto mentre le forze cosiddette antisistema ( la Lega Nord e in parte il movimento 5 stelle) oscillano tra voglia di propagandare la paura e desiderio di apparire comunque ragionevoli in previsione di futuri impegni governativi.
I fascisti a Genova
Anche a Genova, l’informazione locale fa la sua parte. Spesso con agenzie informative dichiaratamente reazionarie che spingono il pedale soprattutto sugli episodi di cronaca nera ma anche le agenzie ufficiali fanno la loro parte alterando le notizie, pubblicando solo quelle compatibili con i propri interessi, censurando tutta la sinistra di alternativa.
I fascisti a Genova sono infatti pochissimi e isolati ma la loro presenza nei media è costante. Ogni striscione appeso o semplicemente fotografato, ogni piccolissima iniziativa finisce nei giornali. Spesso annunciano cose che non riescono a fare ma la pubblicità non manca mai. Negli anni scorsi a Genova si sono tenute manifestazioni contro la guerra, a sostegno dei lavoratori francesi in lotta contro la loi du travail, a sostegno del popolo greco contro i memorandum della UE, a sostegno delle lotte contro la privatizzazione dei servizi, si sono occupate case, si è lottato incessantemente contro terzo valico e altre opere inutili etc… Quasi nulla è passato nell’informazione se non attraverso piccoli canali o sui social network. Quando i fascisti hanno aperto una sede a Sturla per 15 giorni la stampa non ha parlato d’altro salvo poi raccontare la manifestazione di protesta esagerando i motivi di ordine pubblico e dimenticandosi di sottolineare che i fascisti erano poche unità difese da cordoni di polizia. Laddove non se ne poteva fare a meno, come nel caso del corteo antifascista del 30 giugno 2017, si è lavorato per smussarne la linea politica e si è lasciato intendere che la manifestazione era voluta da quel centrosinistra che era stato appena sconfitto alle comunali (che con l’organizzazione della manifestazione e la sua piattaforma politica non c’entrava nulla). Ovviamente tutti i compagni coinvolti hanno provato a raccontare una storia diversa ma in realtà la nostra informazione gira in canali ristretti e arriva solo in un piccolo recinto chiuso.
E’ necessaria una risposta organizzata di classe
Non stiamo ovviamente banalizzando il problema. E’ evidente che la crisi globale alimenta anche la propaganda fascista più becera e che il fenomeno va combattuto in quanto tale ma il tutto sembra compatibile con una informazione di regime che la spinge. Ovviamente creando conseguenze difficili da valutare concretamente ma comunque inquietanti. Dovremmo chiederci infatti cosa dovrebbe pensare un anziano la cui pensione non gli permette di curarsi a dovere, i cui figli non trovano lavoro o vengono licenziati a norma del jobs act. Lo stesso che magari passa il suo tempo vedendo i telegiornali o i programmi alla Belpietro. Dovrebbe credere a Renzi e Gentiloni che gli spiegano che sta andando tutto bene e intanto preparano ulteriori tagli o alla Lega che gli spiega che i soldi degli italiani vanno agli stranieri che ci hanno invaso? E’ evidente che non dovrebbe credere a nessuno dei due, rimane il fatto che quelle sono le uniche alternative che gli vengono proposte e ogni altra politica semplicemente non ha diritto di cittadinanza.
Sappiamo che storicamente il fascismo e il nazismo prendono piede quando si verificano precise condizioni. La prima è una condizione diffusa di crisi che colpisce le classi popolari ma anche le classi medie. La seconda è la necessità per le elite padronali, incapaci di uscire dalla crisi, di difendersi da una controffensiva del movimento operaio. In Italia è presente solo la prima condizione. Ciò sembra prefigurare uno spostamento a destra nei toni e nelle politiche del sistema in quanto tale più che una svolta verso una forma storica di fascismo.
Per questo riteniamo sia importante oggi valutare le condizioni oggettive, non per trascurare il pericolo in quanto tale ma per capire che non se ne esce con la riproposizione di una generica unità democratica con quelle forze che creano, con le loro politiche concrete, lo slittamento verso una cultura e una prospettiva reazionaria.
Ha colto, per una volta almeno, nel segno un famoso comico televisivo che, imitando il ministro Minniti, gli ha fatto dire che per combattere il fascismo bisogna diventare come loro. Può far ridere, ma è la verità che tutti hanno sotto gli occhi. Essendo una battuta in un programma comico è facile che tutti la capiscano ma poi in concreto non esiste una forza politica che la possa far valere nella realtà dei fatti.
Abbiamo dunque la necessità di far valere un antifascismo di classe che attacchi le politiche di impoverimento diffuso che colpiscono quelle classi a cui viene prospettata solo l’alternativa tra neoliberismo reazionario e fascismo razzista.
E’ dall’analisi delle forze in campo, anche nella cultura e nei media che deriva quindi la necessita’ di una politica radicalmente diversa dalle false alternative che ci vengono proposte. Una politica da svolgere che ha anche bisogno di strumenti organizzativi reali, fonti di informazione alternative e capacità di elaborazione comune. Ha bisogno cioè della nostra capacità di individuare il nemico concreto, della nostra capacità di parlare alle classi colpite dalla crisi e di uscire da un recinto di autoreferenzialità a cui siamo relegati da molto tempo. E ciò che chiamiamo la nostra capacità di creare unità di classe, un progetto che ha bisogno innanzitutto di ricomposizione organizzativa, di strumenti comuni di azione.