Il razzismo democratico-umanitario e quello fascista

Osservando il dibattito che si svolge nei media sul tema dell’immigrazione si nota come il discorso contrapposto si svolga tra due diversi piani. Da un lato l’umanitarismo democratico, dall’altro il razzismo biologico leghista e fascista. All’interno varie sfumature di nero si affacciano anche nei discorsi “anticapitalisti” come una risposta (sbagliata) al fallimento delle politiche di accoglienza. Da questo dibattito falsato sembra non esserci via d’uscita. Il risultato è la fossilizzazione del discorso tra due false alternative con il risultato di abolire una visione di classe sul tema dell’immigrazione.

Sui giornali si legge che gruppi di immigrati lavorerebbero gratis per costruire le case per gli italiani. Che, con il lavoro degli stranieri, si risanerebbe il bilancio della previdenza sociale. Si vedono immagini di profughi che puliscono parchi, strade e giardini sotto lo sguardo benevolo di alcuni politici di provata fede antirazzista o di qualche dirigente di cooperative che ricevono i soldi stanziati per l’accoglienza dei profughi.

Dall’altra parte ci viene raccontato di leghisti che girano per i quartieri popolari facendosi intervistare davanti a situazioni di degrado pronti a calare il pugno di ferro contro ambulanti, mercatini, spacciatori e prostitute. Che ci raccontano di hotel per immigrati mentre i poveri italiani non hanno neppure la casa.

Il Ministro dell’interno Minniti e il Governo Gentiloni sono stati al centro del dibattito politico estivo. Dapprima il Presidente del Consiglio che chiedeva aiuto ai partner europei nel gestire l’accoglienza, poi con l’attacco alle ONG e l’avvio dell’operazione in Libia. Il Ministro Minniti ha scoperto che la questione immigrati rischia di far perdere le elezioni al Partito Democratico; è consapevole che il Mediterraneo è sostanzialmente un cimitero a cielo aperto e risponde nella maniera che corrisponde all’ipocrisia del centrosinistra. Eliminate le ONG che salvavano i profughi sui barconi, il sistema dell’accoglienza verrà gestito direttamente in Libia lontano da telecamere invadenti per non turbare i sentimenti umanitari di una parte dei cittadini italiani.

E’ stato giustamente notato da parte della sinistra di classe che la politica dell’inumano rappresenta un salto di qualità a destra della classe politica italiana. Ovviamente, il discorso prescinde dal ruolo delle ONG presenti nel mediterraneo e dal loro ruolo nelle principali crisi internazionali (ruolo che spesso accompagna le peggiori politiche imperialiste di aggressione). Significativa è, in questo caso specifico, la volontà di eliminare qualsiasi elemento di disturbo a una politica criminale che l’Italia da sola non riesce a gestire visto il fallimento (anche in questo campo) delle politiche UE. Per noi si tratta quindi di assumere in pieno quella che è una effettiva contraddizione nelle classi dominanti e nelle sue strutture di supporto. Se da un lato sarebbe normale che lo Stato gestisse in maniera esclusiva il fenomeno degli attraversamenti dei profughi, è altresì evidente che se lo Stato applica politiche criminali non possiamo nasconderci dietro le teorie generali e dobbiamo denunciare le manovre del governo.

In Italia non esiste comunque nessuna invasione straniera. In un recente testo dei compagni di Noi Restiamo(1) viene giustamente messo in evidenza come vi sia una parità numerica tra coloro che abbandonano l’Italia per recarsi all’estero e coloro che arrivano all’interno dei confini dello Stato. Il testo che citiamo e che vi invitiamo a leggere è fondamentale perché mette in relazione la questione dei flussi con la nuova divisione della forza lavoro a livello internazionale e mette a tacere tutta una serie di considerazioni banalmente errate sul ruolo degli immigrati in Italia. Soprattutto discute dell’esercito industriale di riserva che sarebbe, in alcuni discorsi provenienti anche da settori della sinistra, il paradigma teorico in grado di giustificare una politica contro l’immigrazione.

Ovviamente l’esercito di riserva esiste nella realtà. E’ costituito da quella parte di popolazione disoccupata concentrata soprattutto nelle fasce giovanili. Tale massa è utilizzata dai padroni come strumento di ricatto per abbassare i diritti di chi lavora. La sua costruzione è però indipendente dall’immigrazione (che la rende solo numericamente più corposa) verso lo Stato Italiano e attiene in maniera esclusiva ai fenomeni di lungo periodo connessi alla crisi di sovrapproduzione del capitalismo e alle manovre di ristrutturazione messe in atto negli ultimi decenni che hanno colpito le fasce più deboli della popolazione. La presunta facilità con cui gli stranieri trovano un lavoro in Italia dipende quindi in gran parte al fatto che in Italia esiste frazione di lavori in cui sono necessari lavoratori a basso costo e facilmente ricattabili. L’accettazione di questi lavori è in gran parte legata al fenomeno delle rimesse in patria che sfrutta i meccanismi di sviluppo diseguale nelle diverse aree geografiche. Ovviamente questo fa sì che in prospettiva si abbassi l’intero spettro di diritti e tutela del lavoro per tutti. Fino ad arrivare al concreto per il quale la figura del lavoratore migrante senza diritti diventa l’immagine di un possibile futuro per tutti i lavoratori. Motivo per il quale alimentare lo scontro tra forza lavoro autoctona e immigrata fa il gioco degli sfruttatori.

Una politica di classe sul fenomeno dell’immigrazione

Occorre quindi ripartire dai fondamentali di una politica di classe su un fenomeno che non è nuovo. Cioè declinare in concreto uno slogan ancora attuale che gridiamo nei cortei “se non c’è lavoro, se sei disoccupato, la colpa è del padrone e non dell’immigrato”. Ovviamente questo slogan non deve rimanere tale e diventare proposta concreta.

Bisogna ripartire da una analisi concreta e dal fatto che nelle situazioni di crisi diffusa le fasce popolari tendono inevitabilmente a crearsi dei falsi nemici e a sostenere i facili discorsi delle destre. Occorre però anche capire che l’antirazzismo ipocrita di chi lucra sull’accoglienza o di chi vuol sfruttare forza lavoro a basso costo per economie legali o illegali va respinta al mittente perché alimenta solo rancore e rabbia.

Ogni fenomeno di regolazione dei flussi o di respingimento degli immigrati non è solo inumano ma è assolutamente ingestibile se non a prezzo di stragi che possono essere occultate ma non per questo divenire meno reali. E’ evidente che in mondo in cui i capitali vengono spostati senza barriere alla ricerca del massimo profitto i fenomeni migratori sono immensi e non possono essere fermati perché ingiusto e impossibile.

Assistiamo quindi al fallimento delle politiche globali del capitalismo nella crisi di sovrapproduzione mondiale. La forza lavoro immigrata è l’anello più debole di una catena che non distingue tra le etnie o sui colori della pelle. Occorre quindi rilanciare su una politica che rimetta in piedi il ribaltamento dei rapporti di produzione nei singoli paesi e a livello globale.

Nell’immediato occorre essere favorevoli a tutte quelle politiche che possono servire per eliminare le disparità dei diritti nei singoli paesi. L’ipocrisia delle forze democratiche è tale che non riescono neppure a far approvare una legge minima come lo ius soli (neppure nella versione inconsistente e truffaldina proposta da alcuni settori del PD nei giorni scorsi). Contemporaneamente occorre mettere in campo proposte radicali come la possibilità e il diritto alla mobilità dei lavoratori in un quadro di regole precise. Occorre dire con chiarezza che chiunque voglia entrare in Italia per motivi economici e politici ha il diritto di farlo, ha il diritto alla concessione di un documento di identità (provvisorio o definitivo a seconda delle proprie esigenze) e alla concessione dei diritti di cittadinanza (compreso quello di voto) ad un lavoro con piena dignità e con gli stessi parametri dei cittadini del paese in cui si trova. In questo modo si abolirebbero tutte le disparità sociali che alimentano la divisione della forza lavoro diminuendone la ricattabilità e la possibilità per i padroni e la criminalità di reclutare forza.

Il capitalismo non ha mai avuto alcun rispetto per i lavoratori. Negli anni ha imparato che le distinzioni in base alle etnie o al colore potevano essere sfruttate per dividere la forza lavoro, alimentare le guerre tra sfruttati. In alcune fasi ha sfruttato la schiavitù, in altri la ha abolita per legge per sviluppare una nuova economia basata sull’industria e allargare la platea dei consumatori e dei produttori. Quasi sempre, dietro ogni discorso umanitario si nascondevano interessi precisi del capitale. I fascisti, i razzisti, gli adepti della supremazia bianca sono sempre stati usati per aumentare il risentimento sociale. Non c’è nulla di nuovo in tutto questo. I recenti fatti di Charlottesville mettono in evidenza come solo una politica di classe possa mettere in crisi il razzismo e lo sfruttamento. Le parole di Trump così comprensive verso i nazisti americani dimostrano che la politica non esita a sfruttare gli istinti più beceri di una popolazione incattivita e senza futuro. La risposta non sta ovviamente nelle politiche dell’imperialismo USA che oggi grida allo scandalo con i veri Clinton e Obama. Costoro con le loro guerre e la loro acquiescenza nei confronti delle multinazionali creano quelle situazioni di disparità sociale che del razzismo e del fascismo sono l’alimento indispensabile.

Decenni dopo la guerra civile americana che abolì la schiavitù più in nome della necessaria modernizzazione dell’economia USA che di un astratto afflato egualitario, furono le lotte radicali di Malcom X e del Black Panthers Party a mostrare che dietro ogni idealismo si nascondeva una realtà di sfruttamento che poteva essere respinto solo con la lotta anticapitalista contro il colonialismo interno.

Le lotte anticoloniali della metà del novecento liberarono interi paesi dal giogo di superpotenze che ne sfruttavano risorse e uomini per gli interessi dei loro capitalisti. Oggi le superpotenze, in nome della lotta contro Russia e Cina alimentano guerre e aggressioni per il controllo delle risorse globali. Guerre e distruzioni che distruggono intere economie nei paesi poveri alimentando immigrazioni e jihadismo.

La più forte lotta antirazzista a livello globale è stata condotta avendo presente che lottare contro le discriminazioni razziali non basta se non si unisce questa lotta con l’anticapitalismo e per il recupero dell’indipendenza dei popoli.

Nel mondo esistono solo due razze. Chi sfrutta e chi è sfruttato

Libertà di movimento per tutti i lavoratori. Parità di diritti per i lavoratori all’interno dei singoli stati

No ai respingimenti dei migranti. No alle politiche di accoglienza basate sulla discriminazione sociale.

No al razzismo, no al fascismo. Lottiamo per una prospettiva di indipendenza, uguaglianza di diritti, internazionalismo. Lottiamo contro le guerre di aggressioni e contro le superpotenze (NATO e Unione Europea) che le alimentano. Lottiamo per il socialismo

(1) http://noirestiamo.org/2017/06/29/immigrazioneemigrazione/