Grandi manovre
Prima della pausa estiva, nei palazzi del potere genovese, si tengono gli incontri di fine anno politico utili a preparare le strategie per l’autunno. Si apre di fatto la partita per le elezioni comunali del 2017 quando scadrà il mandato della Giunta di Marco Doria. Rispetto a qualche settimana fa, appare scongiurata l’idea di una sfiducia del PD verso il Sindaco e si viaggia verso il fine mandato. Mentre il centrodestra sembra disinteressarsi della partita e il 5 stelle non segnala nessuna novità di fatto, i movimenti si tengono nel campo del centrosinistra con al centro il giudizio sull’operato del Sindaco che pare intenzionato a ricandidarsi. Cerchiamo di analizzare questi movimenti.
Un paio di settimane fa il Sindaco, per la prima volta scende dai suoi uffici e accompagna per un breve tratto un corteo dei lavoratori Ericsson in lotta contro la dismissione dell’impianto e la cancellazione di 120 posti di lavoro (una nostra analisi della vertenza Ericsson la trovate qua). A metà corteo il Sindaco imbraccia un megafono e dice che la Giunta è dalla parte dei lavoratori in lotta. Dopo quasi quattro anni in cui il Comune è rimasto letteralmente blindato e indisponibile a ogni confronto con chicchessia (dai lavoratori delle partecipate ai metalmeccanici, dal movimento di lotta per la casa al movimento No Tav), Doria scende in piazza per la prima volta e apre di fatto la campagna elettorale per il rinnovo del suo mandato politico. Qualche giorno dopo, lo stesso Sindaco, campeggia in prima fila al pride genovese rinsaldando i già buoni rapporti con i militanti per i diritti civili. Contemporaneamente, Rete a Sinistra (la versione ligure espressione della cosiddetta Sinistra Italiana ovvero SEL allargata alla sinistra del PD) comincia un tour cittadino per un “cantiere di programma partecipato” in cui si fa rappresentare proprio dal Sindaco che, illustrando il programma per la fine legislatura, mette in evidenza che lui è il rappresentante prescelto della “sinistra del centrosinistra” a Genova.
In concomitanza, il PD genovese decide ufficialmente di interrompere le critiche alla giunta Doria e, con appoggio critico dei fedeli di Renzi, apre una fase di consultazione alla città in cui si decide l’avvio del meccanismo delle primarie di coalizione in cui Marco Doria potrebbe essere uno tra i partecipanti. Tutte le decisioni comunque saranno rimandate all’autunno in cui si valuterà l’impatto nazionale del referendum sulla Costituzione. Appare però evidente come vi siano due decisi cambi di linea: da una parte Rete a Sinistra che alle recenti regionali si era presentata in alternativa al PD e ora sembra intenzionata a proteggere il proprio Sindaco (in Comune, gli eletti di questa area hanno sempre sostenuto Doria) anche in dialogo con il PD, dall’altra il PD che sembra rinunciare alla versione genovese del Partito della Nazione e, abbandonando gli attacchi al Sindaco, sembra far riemergere la necessità di riaprire il “cantiere” del centrosinistra.
Sullo sfondo, la sconfitta di Renzi alle amministrative di Roma, Torino e Napoli, il disagio del PD preoccupato per il destino del referendum costituzionale e la necessità, per l’ex sinistra radicale, di smussare i toni alternativi visti i non buoni risultati amministrativi. Sotto questo aspetto, si segnala la possibile convergenza tra Sinistra Italiana e il PD su una bozza di revisione della nuova legge elettorale Italicum; questo accordo potrebbe portare alla possibilità di ricreare le coalizioni sulle schede in modo da riformare l’alleanza tra PD e la nuova SEL. Genova, sotto questo aspetto, potrebbe essere quindi un banco di prova per una riedizione dell’alleanza tra PD e sinistra. Con buona pace di tutti coloro che avevano capito che la sinistra sarebbe ripartita dall’opposizione.
Un bilancio dell’amministrazione Doria
Il quadro descritto serve, in realtà, per comprendere come la partita politica delle comunali a Genova non può non intrecciarsi con i movimenti nella politica nazionale. Questo movimento riguarda però ciò che potremmo definire “il campo separato della politica”. Secondo questo modo di ragionare, il giudizio su una giunta comunale, su un Sindaco o su una linea politica si basa su una sorta di risiko in cui ci si dimentica delle azioni concrete, di quali classi sociali sono state favorite o colpite, di quali interessi ci si vuol fare portatori. Per non cadere in questo tranello è quindi opportuno riepilogare schematicamente il nostro giudizio sul Sindaco nonostante sia stato espresso più volte (dalla scelta di non sostenerlo fino alle critiche al suo operato: nel nostro sito trovate una lunga serie di interventi). Per farlo dividiamo il ragionamento in settori specifici.
a) Lavoro e politiche sociali
Alcune scelte industriali e lavorative nel Comune di Genova (la vertenza ILVA, i casi di dismissione industriale come la Piaggio di Sestri, le incertezze societarie sulle aziende come Selex, Ericsson, Esaote, Ansaldo, etc…) vedono il Comune di Genova come ente coinvolto ma non direttamente responsabile. Alcune scelte sono direttamente in mano al Governo Centrale e attengono ai rapporti con le proprietà; questo non significa che il Comune non sia coinvolto, sia dal punto di vista della pressione politica che può esercitare, sia per la possibilità di intervenire rispetto alla destinazione delle aree (ad esempio l’area degli Erzelli), sia come ente mediatore tra interessi tra i lavoratori e le aziende. Su queste partite il ruolo della giunta è stato totalmente negativo. I casi più eclatanti sono stati la chiusura dei cancelli del Comune agli operai ILVA considerati come eversori dell’ordine e il ruolo negativo esercitato sul controllo e la destinazione di aree come Erzelli (sostanzialmente la creazione di un presunto polo tecnologico che si rivela sempre di più come un affare speculativo) o ex Esaote destinata da area industriale ad area commerciale.
Ma la negatività della Giunta raggiunge il proprio culmine nella gestione delle privatizzazioni delle partecipate pubbliche (AMIU, ASTER, AMT). Su questo terreno si era già scontrata la precedente Giunta di centrosinistra guidata da Marta Vincenzi che, per opportunità, aveva però preso tempo fino poi ad essere travolta dallo scandalo dell’alluvione con il suo carico di denunce e guai giudiziari. Durante la campagna elettorale, prima nelle primarie e poi durante la campagna delle elezioni, il silenzio su questo tema di Marco Doria era stato per lo meno imbarazzante; si lasciava comunque dedurre una possibile collocazione in difesa dei servizi dovuta, se non altro, alla presenza e al sostegno della dirigenza della Cgil locale. Pochi mesi dopo il suo insediamento cadeva però la maschera con l’avvio della dismissione delle tre principali aziende. La risposta sociale dei lavoratori è stata durissima (le 5 giornate di AMT ne sono l’emblema). Ciò non ha portato ad altro se non a un rinvio delle delibere e a una loro periodica riproposizione. Nel frattempo, le scelte dei dirigenti delle Partecipate portava a un deperimento dei bilanci e aggravava la soluzione soprattutto dell’azienda dei Rifiuti AMIU. Attualmente sembra proprio quest’ultima l’azienda in procinto di essere svenduta a IREN che controlla privatamente la gestione dell’acqua della cui ripubblicizzazione non si è mai neppure discusso. Nel frattempo, i lavoratori continuano a protestare mentre i dirigenti dei sindacati stanno, più o meno silenziosamente, valutando le condizioni per la privatizzazione. Mentre Doria continua con la sua politica, i lavoratori continuano a dimostrare malessere: nelle aziende il rapporto con la Giunta e il Sindaco è oramai solo mediato da alcuni sindacalisti particolarmente accondiscendenti.
Altri tagli si sono registrati nelle politiche del welfare ai danni del terzo settore. In questo ambito i tagli sono stati parecchi e a poco è servita la presenza in consiglio comunale di dirigenti del terzo settore e delle cooperative che hanno soltanto limitato i danni. A questo proposito è da segnalare come sia stato tentato un giochino particolarmente pericoloso: ad un certo punto sembrava che le risorse pubbliche dovevano essere contese tra welfare e partecipate. Il tentativo di mettere contro i lavoratori non ha però funzionato; rimane il fatto che i tagli al sociale sono comunque stati effettuati e il processo di dismissione delle aziende pubbliche va avanti.
b) Politiche sul territorio e rapporto con i movimenti
La Giunta Doria si è trovata a gestire la seconda alluvione in pochi anni. L’effetto disastroso della prima aveva segnato il de profundis per l’ex Sindaco Vincenzi. Si tratta di un fenomeno complesso che riguarda anni di sfruttamento intensivo del territorio soprattutto nelle due valli principali (Valpolcevera e Valbisagno) in preda a cementificazione selvaggia e abbandono della manutenzione del verde sulle colline e dei rivi. Se è sbagliato attribuire all’attuale Giunta una responsabilità di scelte pluriennali, rimane il fatto che la Giunta in carica non ha cambiato di un millimetro le linee di sviluppo tipiche dei governi precedenti. Le lavorazioni per il Terzo Valico in Valpolcevera e la cementificazione in Val Bisagno (nuovi insediamenti abitativi, parcheggi sui fiumi e tonnellate di centri commerciali) continuano come continua la dismissione dei settori della manutenzione pubblica. Lo scolmatore del Bisagno viene considerato come l’opera decisiva per impedire nuovi disastri ma in realtà la sua funzione è per lo meno controversa e contestata da geologi e cittadini attivi. Sul territorio continuano poi le speculazioni su grandi opere che non verranno neppure terminate (Terzo Valico) e la partita della Gronda Autostradale (sul quale effettivamente il Sindaco sembra però molto cauto) è ancora aperta. Il problema reale è la gestione dei fondi e la priorità. Ci sono i soldi per le grandi opere ma non ci sono per la manutenzione ordinaria. In questo senso, la Giunta si è mossa in totale continuità con le gestioni precedenti rispettando i diritti degli speculatori a discapito dei cittadini.
Per quanto riguarda il diritto alla casa, la Giunta Doria non ha mosso un dito. Qualsiasi tentativo di richiedere moratoria degli sfratti o convenzioni a canone calmierato si sono rivelate inutili. Il tema è stato dibattuto soprattutto nella prima parte del mandato grazie all’azione del movimento di lotta per la casa che ha portato a termine anche alcune occupazioni; il movimento è poi rifluito facendo sparire l’argomento dal dibattito. In realtà la situazione è sempre a livelli di alta sofferenza con sfratti giornalieri, affitti molto elevati e decine di migliaia di appartamenti (spesso pubblici) sfitti e da ristrutturare.
Ci sono però da sottolineare anche dei dati in controtendenza. In particolare l’attivazione di alcuni progetti di riconversione di aree restituite almeno provvisoriamente a uso pubblico. Si tratta di conquiste dovute all’attivismo di alcune associazioni di quartiere che dopo lotte prolungate hanno avuto in destinazione alcune aree che la Giunta aveva destinato inizialmente a usi speculativi. Ci riferiamo al caso del Parco dell’Acquasola dove l’ipotesi di parcheggio privato è stata sconfitta usando anche la leva giudiziaria, il caso dell’ex Caserma Gavoglio restituita alla casa di quartiere e alle associazioni della zona e dell’ex Ospedale Psichiatrico di Quarto. Sono risultati positivi legati all’attivismo dei cittadini dei quartieri. Accanto a queste conquiste si segnalano comunque tentativi di inserire speculazioni residenziali private e commerciali in alcune aree come l’ex Ponte Parodi (dove dovrebbe sorgere un mega centro sportivo commerciale privato) e gli appetiti sull’area dell’ospedale Galliera.
d) Rapporto con i vincoli di stabilità
E’ il cuore teorico del giudizio che possiamo esprimere sulla Giunta. Come altre amministrazioni di centrosinistra arancione, la Giunta Doria è stata impegnata a rispettare ogni parametro imposto dalla UE e dal Governo Centrale. Il blocco dei trasferimenti economici, il rispetto delle direttive sulle privatizzazioni, la totale sudditanza agli interessi economici speculativi. Questa politica non è mai stata contestata neppure verbalmente. Il Partito Democratico (che esprime il blocco europeista in città e in Italia con il Governo Renzi) ha imposto questa politica che Doria ha subito (o dovuto accettare, ma in realtà poco cambia). La Giunta ha provato quindi a caratterizzarsi in altro modo attraverso i diritti civili e di cittadinanza e attraverso la gestione del consenso popolare laddove era possibile in termini di bilancio. Questa considerazione è centrale in quanto al centro di un fenomeno generale di impoverimento delle classi subalterne non solo nella nostra città. Il rispetto di tali vincoli comporta in effetti una scelta di classe contro i lavoratori che nessun abbellimento può mascherare. Soltanto conducendo una battaglia politica contro questa tendenza generale (e quindi stringendo una alleanza di fatto con i lavoratori, con i disoccupati, con i precari e con le classi meno abbienti) è possibile invertire una tendenza di fondo. L’errore di fondo dell’esperimento Doria è stato questo ed è legato (al di là del valore personale del Sindaco) alla presenza ingombrante del Partito Democratico. La sinistra genovese ha subito questa alleanza che non ha minimamente contrastato appiattendosi sulle politiche generali del PD allo scopo di conservare spazi di agibilità su questioni secondarie o legate a semplici interessi di bottega. In Comune si è assistito a un teatrino dell’assurdo in cui i consiglieri di sinistra (con piccole eccezioni) giustificavano politiche che fino a ieri contrastavano. Che questa politica allontani i settori sociali e lavorativi dalla rappresentanza non è quindi né un fatto nuovo né un fatto incomprensibile.
Verso il 2017. La rappresentanza di classe in città
Tralasciando le manovre del centrodestra, che in città non sembra destinato ad avere molto consenso, e della destra estrema che, nonostante alcuni segnali preoccupanti, in città sembra comunque un corpo isolato, occorre comunque sottolineare la mancanza di una ipotesi realistica di un blocco sociale e di classe alternativo al Partito Democratico e in generale al blocco dell’austerity. Il movimento 5 stelle può supplire a questa mancanza ma rimane la difficoltà a valutarne la natura anche a livello locale; forza sicuramente spuria e interclassista che a Genova non sembra avere le caratteristiche che invece ha in altre città (a Roma per esempio è evidente la posizione politica del movimento 5 stelle come partito degli esclusi delle periferie in contrapposizione alla sinistra del centro città, a Torino la neo sindaca sembra esprimere direttamente i desideri di alcune battaglie storiche della sinistra). A Genova la situazione delle periferie è più complessa ed in parte legata alla natura operaia e sindacalizzata di alcune aree cittadine dove il cordone con il centrosinistra si allenta sempre di più ma potrebbe ancora non essere del tutto reciso. La sinistra legata al blocco che fu di SEL e in parte del PRC sembra totalmente integrata in una prospettiva di ancella del PD e quindi totalmente priva di appeal per la classi popolari. In questo quadro l’elemento decisivo (almeno nel medio termine) è il livello di opposizione che si è in grado di esprimere verso le politiche europeiste rappresentate in città e a livello nazionale dal PD. Conta poco qui la contrapposizione (che esiste e va valutata attentamente in prospettiva strategica) tra chi vuole distruggere la gabbia dell’Unione Europea (come noi e le forze legate a Eurostop) e chi propone fantomatici piani B per salvare l’Europa dall’austerity; conta il livello di opposizione ai patti di stabilità che derivano dai trattati che si riuscirà a esprimere a livello locale.
La differenza tra la Napoli di De Magistris (al di là della retorica) e le altre (fallimentari) esperienze arancioni sta tutta qua. Questa differenza permette di valutare come in prospettiva l’operazione De Magistris può aprire un percorso interessante e da valutare con calma e con i tempi giusti mentre l’esperienza delle giunte arancioni è totalmente fallimentare.
E’ quindi possibile intervenire direttamente o indirettamente nella battaglia elettorale per le comunali nel 2017? Le cose da tenere presente sono moltissime tra cui non va dimenticato l’elevatissimo livello di astensione che continua a registrarsi un po’ ovunque (segno che anche le politiche dei 5 stelle o di De Magistris lasciano comunque sul campo una enorme massa di indifferenti a vario titolo). Occorre valutare se alcune mutate condizioni possono lasciare uno spazio a una politica diversa da quella che abbiamo tenuto nelle ultime occasioni (astensione dichiarata o indifferenza). Nel fare questo occorre tenere anche presente il quadro internazionale con le difficoltà che si registrano nel processo di integrazione europeo con le inevitabili ricadute sul piano nazionale. Che una eventuale rottura si consumi in nome di una destra reazionaria e fascista o trovi una possibile exit strategy da sinistra non ci sembra un elemento secondario. In questo senso uno sviluppo di ragionamenti che si pongano su terreni di rappresentanza elettorale anche spuria come nel caso delle sinistre spagnole e portoghesi o come nel caso della CUP catalana ci sembrano comunque situazioni da valutare. Su alcuni punti però non sono possibili mediazioni occorre quindi essere intransigenti:
a) nessun rapporto con il sistema di potere targato PD
b) nessuna riproposizione di liste improvvisate di sinistra anche quando si presentano come alternativa al PD (i risultati elettorali e politici di queste opzioni sono fallimentari ovunque)
c) totale discontinuità rispetto alla giunta Doria soprattutto per quanto riguarda le politiche sul lavoro, sulle privatizzazioni, sulla casa e sul territorio e lotta contro il potere incarnato nel governo nazionale PD e contro i trattati dell’austerity
d) possibilità di inserirsi nella battaglia politica come versione locale di una possibile rete di “città ribelli” se questa (come sembra possibile) dovesse prendere forma in tempi rapidi
e) necessità di ancorarsi a battaglie concrete nel campo sociale con la partecipazione diretta dei soggetti attivi
Avremo modo di valutare queste possibilità nel prossimo breve periodo, nel frattempo continua la nostra azione politica concreta attraverso la partecipazione alle campagne nazionali, nei quartieri, tra le lotte dei lavoratori cercando di trasformare la battaglia sociale in battaglia politica contro il capitale e lo sfruttamento cominciando dai nemici di fase PD e contro la dittatura tecnocratica chiamata Unione Europea.