Raccontiamo dello sciopero generale in Grecia e del suo forte valore politico per tutti i lavoratori europei. Nei prossimi giorni sarà disponibile a Genova (e dal 19 in tutte le librerie per l’editore PIGRECO) il nostro testo come Rete Nazionale NST “Grecia, dalla resistenza alla resa” in cui proviamo a raccontare cosa è accaduto nel paese ellenico nell’ultimo anno per trarne indicazioni che riteniamo indispensabili per la ricostruzione di una sinistra di classe.
Oggi, la Grecia si è risvegliata con uno sciopero generale congiunto dei lavoratori pubblici e privati che ha paralizzato il paese. Si tratta del primo sciopero generale contro l’alleanza tra i vecchi partiti dei memorandum (Pasok e To Potami) la destra Anel e la sinistra di Syriza che ha mantenuto il potere nonostante la sconfitta di luglio contro i creditori. All’indomani della firma del terzo memorandum, i lavoratori greci hanno reagito sconcertati alla resa di Tsipras. Per certi versi valeva l’incredulità, per altri versi la rassegnazione verso il risultato negativo ottenuto da un governo che credevano amico. Tutto il periodo dal luglio 2015 alle nuove elezioni si è svolto in un clima surreale dove le mobilitazioni non riuscivano a portare i piazza i lavoratori e le organizzazioni della sinistra antimemorandum (Antarsya, KKE, Unità Popolare) faticavano a riorganizzare le fila. La forte astensione alle ultime elezioni raccontava di un movimento di lotta sfiduciato e apparentemente non in grado di riprendere il filo politico delle lotte, brutalmente interrotto all’indomani del tradimento del referendum popolare.
Ma sono bastati pochi mesi e il velo di propaganda è caduto con le prime applicazioni concrete dei nuovi memorandum. Tsipras ha rivinto le elezioni ma è sconfitto politicamente. Lo sciopero è tornato a colpire il governo ex amico e anche una parte di Syriza ha dovuto ammettere che qualcosa non torna invitando i propri membri alla mobilitazione.
L’idea che l’accordo di Bruxelles fosse un compromesso accettabile non è più propagandabile. L’Unione Europea non è riformabile, non ci sono spazi politici per l’equità sotto il peso dei trattati e del debito.
La forte presa di coscienza dei lavoratori greci è quindi un fatto di enorme importanza. Lo è perché spezza ulteriormente quel sottile filo che tiene unita una parte della sinistra all’idea di una diversa Europa possibile. E’ un dato che dovrà essere al centro dei ragionamenti di quella parte di sinistra che non si rassegna a gestire nuove ristrutturazioni, nuovi tagli e nuovi massacri sociali.
Proprio nel momento in cui in Portogallo si potrebbe aprire un nuovo fronte contro l’austerità con la possibile nascita di un governo con i comunisti, il discorso sull’irriformabilità dell’Unione Europea è uno dei punti cardine su cui impostare qualsiasi discorso serio sulla rappresentanza dei lavoratori in ogni paese.
Su questo crinale occorre riprendere il filo politico cercando di unire le forze sociali e politiche che rifiutano l’Unione Europea e l’euro.
Il libro che verrà presentato nei prossimi giorni sarà uno strumento che metteremo a disposizione di tutti coloro che vorranno discuterne.