Esaote, le mani sulla città.

Mentre è ancora in corso la vertenza Piaggio, un altro caso industriale scuote la città di Genova. Il gruppo Esaote, circa 700 dipendenti tra Firenze e Genova annuncia un piano industriale che prevede una ristrutturazione con scorporo di due rami di azienda attraverso l’esternalizzazione, un centinaio di esuberi e trasferimenti di personale a non precisate altre attività sul territorio. Il piano, che i sindacati definiscono un piano finanziario e non industriale prevede un investimento di 62 milioni di euro da parte della proprietà. Questo investimento è del tutto insufficiente e, nonostante venga sbandierato come un grande esborso finanziario, è sostanzialmente identico agli investimenti degli scorsi anni.

In realtà si tratta di un piano di dismissione che, probabilmente, precede un tentativo di vendere l’azienda a pezzi in modo da ricavare il maggior guadagno eliminando fastidiosi problemi sindacali. Nei giorni scorsi i lavoratori Esaote sono scesi in agitazione bloccando il ponente genovese e, nei prossimi giorni, ci saranno ulteriori mobilitazioni. I sindacati chiedono di ridiscutere il piano industriale ma a a trattativa in corso l’azienda manda le lettere di cassa integrazione a partire dal 1 luglio. La vicenda è però più complessa non essendo solo una pura vicenda industriale; gli agganci con il sistema finanziario-politico e imprenditoriale che governa la città di Genova sono parecchi. La vicenda merita perciò di essere ricostruita a partire dalla questione Erzelli, uno dei buchi neri del recente passato della politica a Genova. Su questo tema, eravamo già intervenuti in passato seguendo la vicenda Ericsson. Chi vuole approfondire trova qui il link alla nostra inchiesta condotta con i lavoratori della multinazionale svedese. In sostanza, definivamo la collina sopra Sestri Ponente come il cimitero dei lavoratori. La Ericsson infatti tra il 2008 e il 2013 aveva colto l’occasione per una ristrutturazione aziendale che aveva ridotto della metà il numero dei dipendenti ereditati dal gruppo Marconi (da 1200 a 600 dipendenti). Persero il lavoro anche numerosi addetti dell’appaltatrice Johnson Control addetti ai servizi (pulizia, portineria, etc…). Più volte, i lavoratori e i sindacati avevano chiesto alle autorità (Comune di Genova e Regione Liguria) di vincolare il finanziamento al mantenimento dei livelli occupazionali ricevendo in cambio solo promesse e nessun intervento. L’operazione Erzelli era, allora, il fiore all’occhiello del sistema di potere formato da il Presidente della Regione Burlando, imprenditori (tra cui Castellano padrone dell’Esaote), banchieri (tra cui il Presidente Carige Berneschi attualmente agli arresti), Comune di Genova e Università. Il progetto, pomposamente definito la Sylicon Valley genovese, prevedeva la creazione di un polo tecnologico dove, accanto alle imprese doveva lavorare l’Università con il trasferimento di ingegneria. Nonostante lo spreco enorme di denaro, il progetto ha assunto fin dall’inizio l’aspetto di una speculazione finanziaria e immobiliare. Attualmente la collina è un cimitero spettrale in cui si è trasferita solo la Ericsson (con 600 lavoratori in meno) e il gruppo Siemens con 350 addetti (250 sono consulenti, sic!) e con pochissime possibilità di avere il trasferimento dell’Università. In compenso si attendeva il trasferimento di Esaote che è diventato obsoleto in quanto, nel recente piano industriale, si fa cenno al trasferimento solo di parte degli uffici amministrativi. Pare saltare anche la costruzione di due palazzine apposite per l’azienda biomedica che si trasferirebbe nella parte vuota del grattacielo Siemens. Sulla vicenda Esaote però, la situazione appare ancora più complessa. Recentemente il municipio del medio ponente aveva favorito la riscrittura del PUC (Piano urbanistico comunale) della zona in modo da permettere un accordo tra l’azienda e la Coop Talea. In sostanza si sarebbe avverato un progetto coltivato da tempo: l’apertura di un ulteriore centro commerciale Coop nell’area che Esaote lasciava libera. Questa operazione è stata giustificata dalla politica come una manovra atta a favorire il finanziamento dell’Esaote in procinto di trasferirsi al polo Erzelli. Come al solito, la politica genovese è corsa in aiuto del sistema delle cooperative (molto ben rappresentate nelle istituzioni e soprattutto in consiglio comunale) utilizzando l’arma della salvaguardia del futuro di Esaote e soprattutto dei suoi lavoratori. In realtà, ciò che appare oggi è il delitto perfetto: l’asse imprenditori-politica-cooperative ne esce vincente, mentre i lavoratori ne escono sconfitti. Il risultato netto sono l’apertura di un nuovo supermercato, il finanziamento ad una impresa che licenzia, probabilmente per vendere, e il disastro occupazionale. In questi anni abbiamo letto sui giornali tutte le ricostruzioni sui generali che avrebbero guidato lo sviluppo della città. Accanto ai Sindaci di turno, il Presidente della Regione Burlando, gli imprenditori (Castellano in prima fila), l’opposizione responsabile (Scajola), il sistema finanziario (Carige, Berneschi). Di tutto questo rimangono le vicende giudiziarie in corso, l’abbandono dell’Università e soprattutto un disastro economico e sociale per i lavoratori. Gli esuberi Piaggio, la vertenza Esaote e tutte le altre vertenze in fabbriche più piccole ci parlano quindi delle mani sulla città che un gruppo di potere consolidato esercita da anni. Il tutto mentre i giornali continuano a pubblicizzare improbabili progetti di cabinovie che dovrebbero collegare una nuova stazione tra Sestri e Cornigliano con la collina degli Erzelli. Una cabinovia faraonica per un luogo dove i lavoratori non verranno mai trasferiti perché licenziati o in esubero. Un luogo dove tagliare nastri di inaugurazione per progetti truffaldini che sottraggono risorse a tutti i lavoratori per arricchire i soliti noti e finanziare le carriere politiche di un sistema marcio fino al midollo. E’ il capitalismo, bellezza. Su tutto questo ci sono grandi responsabilità e si nasconde un trasferimento di risorse dai lavoratori ingannati ai padroni. Per invertire la rotta serve l’unione delle lotte in una grande vertenza per il mantenimento dell’industria e dei livelli occupazionali fino allo sciopero generale cittadino.