DICHIARAZIONE SPONTANEA
Vorrei fare una dichiarazione spontanea!!!!
Siccome sono tante le cose che si dicono nei miei confronti, ci tengo a fare alcune considerazioni.
Nell’Aprile del 2007 a Genova avvenne una tragedia, di quelle che non dovrebbero mai accadere.
Un ragazzo, padre di 2 figli muore mentre lavora in porto.
Quest’uomo si chiamava Enrico Formenti. Stava lavorando su una nave ed è rimasto schiacciato da un rotolo di cellulosa .
Un anno dopo, muore un altro operaio si chiamava Fabrizio Canonero.
Nel corso di questi anni altri incidenti si sono verificati! Quello che ha riscontrato piu’ interesse è quello che riguarda la “torre piloti” ma non c’è stato solo quello!!!
Ieri come oggi, in porto come nei cantieri e nelle fabbriche si muore di lavoro, e tutto ciò fa male e distrugge intere famiglie .
In questo contesto e per questo motivo, in quei giorni, lavoratori del porto ma anche lavoratori che in quel periodo lavoravano in altri ambiti hanno sentito il bisogno di rivolgersi alla cittadinanza per far capire la situazione che si vive tutti i giorni nei cantieri, nelle fabbriche o, come in questo caso, in porto.
L’unico modo per farci sentire da chi non sapeva nulla o quasi di ciò che era accaduto, era scendere per strada, volantinare, far sentire la nostra voce, cioè la voce di quelle persone che quotidianamente vanno a lavorare per pochi spiccioli senza sapere se si farà ritorno dalle proprie famiglie.
Ma tutto ciò non importa ai padroni che investono su di noi come se fossimo delle merci, …che quando non gli veniamo più bene siamo da gettare, licenziandoci o facendoci fare dei lavori con un alto tasso di rischio per la nostra salute e tante volte anche per quella dei cittadini.
Queste due parole in più, che potrebbero sembrare non inerenti al processo, servono per far capire qual’era e qual’è la rabbia che tutt’oggi si vive sul posto di lavoro. E quando succede l’incidente, che come detto prima incidente non è, la rabbia esplode e anche se siamo consapevoli a che cosa si va incontro non si può rimanere calmi di fronte a un uomo che muore così.
Per questo motivo abbiamo deciso di uscire per strada e durante il blocco stradale, facendo comunque passare le ambulanze e gli autobus, abbiamo distribuito qualche volantino sull’accaduto così da darci la possibilità di raccontare a chi passava in quel momento ciò che era successo.
In uno di quei momenti è accaduto ciò che non dovrebbe mai accadere, e siccome ad alcune persone sembra più importante continuare per la propria strada piuttosto che ascoltare quello che avevamo da dire, è successo che una macchina non si ferma al blocco stradale che avevamo allestito mettendo dei bidoni della spazzatura.
Questa macchina era una bmw con a bordo il sig. Loi e sua moglie che decide di non fermarsi al blocco, anzi di sfondarlo, e, in quel contesto così frenetico, accade che il sig. Loi colpisce col muso della sua macchina un portuale facendolo cadere a terra.
In quel momento, vedendo cosa stava succedendo, istintivamente ho preso un cartello stradale che avevamo trovato nelle vicinanze e che stavamo usando per il blocco e ho colpito la macchina nel tentativo di bloccarla. Ho colpito il parabrezza della macchina per evitare che quest’ultima potesse continuare ad andare avanti investendo il ragazzo che era finito a terra e che si trovava accasciato proprio lì davanti.
Questo è il motivo della mia reazione!!!
Non avrei mai colpito quella macchina se si fosse fermata e non avesse tentato di sfondare il blocco col rischio di far male a qualcuno. Il sig. Loi non verrà mai processato per ciò che ha fatto, mentre io, che non ho fatto male a nessuno fisicamente, ma recato danno ad una cosa, oggi mi ritrovo a dovermi difendere perchè nel nostro paese e non solo, è più importante un vetro di una macchina che la vita di un uomo.
La stessa cosa accade in porto. Nessuno andrà mai a processo per le morti di Fabrizio o Enrico, ma noi che eravamo i loro compagni dobbiamo giustificarci dalle accuse che ci vengono fatte che sia di blocco stradale, danneggiamento o violenza privata!
Sono accusato anche di aver colpito una seconda macchina, ma di costoro non ho ricordo; sembrerà strano ma se avessi colpito in qualche modo quest’altra macchina me lo ricorderei.
Dal mio punto di vista il Pesce vuole semplicemente essere risarcito di un danno che non è stato commesso in quel contesto e soprattutto da me. Addirittura dice che era vicino alla macchina del Loi mentre nessuno dei lavoratori che era lì si è accorto di questa macchina. Riguardo a questo, seppur in contraddizione con la mia “Idea” abbiamo concordato con il mio avvocato di risarcire la parte civile di questo processo per evitare, forse, una condanna ben maggiore e spropositata nei miei confronti. La maggior parte dei soldi raccolti per il Pesce e il suo avvocato sono stati dati dai lavoratori portuali e da compagni solidali che si sono fatti in quattro e che arrivano a stento alla fine del mese ma dinnanzi alla possibilità di vedere un loro compagno un giorno dietro delle luride gabbie non c’era altra soluzione. Celle putride e sovraffollate nella quale sono rinchiusi migliaia di poveracci che per sopravvivere in libertà sono costretti a delinquere.
Voglio concludere questa mia testimonianza col dire che ciò che abbiamo fatto in quei giorni è servito a dimostrare a tutti, dai sindacati fino ai padroni dei terminal, che se vogliamo, come lavoratori o normali cittadini, possiamo bloccare per giorni la produzione per far capire a costoro che non abbiamo paura di ulteriori denunce e che non abbasseremo la testa davanti alla repressione, sperando, che tutto questo un giorno serva ai lavoratori per avere maggiore dignità.