Il futuro dell’Europa orientale e dell’ex Unione Sovietica dipende indirettamente dal futuro dell’economia e anche della politica estera della Germania riunificata. D’altro canto, il futuro della Germania sta su un piatto della bilancia; sull’altro sta il futuro dei cambiamenti che hanno rovesciato la rivoluzione operata in URSS settantaquattro anno fa e in Europa orientale e nella Germania dell’est quarant’anni fa. Se questo rovesciamento sarà completato prima che la crisi mondiale stessa diventi irreversibile, la Germania si espanderà finanziariamente, commercialmente e industrialmente nel nuovo est europeo. Se questa inversione dal socialismo stalinista al capitalismo neocoloniale non fosse invece completata prima del punto di irreversibilità della crisi, ci sono tutte le probabilità che la Germania tenti di entrare militarmente in quelle regioni divenute un limbo, una terra di nessuno.
La “guerra per procura” che sta conducendo l’Europa, e non solo, in Ucraina da uno spessore per così dire profetico alle parole scritte vent’anni fa da Hosea Jaffe, intellettuale sud-africano di fama mondiale che da circa 40 anni si occupa prevalentemente di storia africana e del sistema economico mondiale.
Ciò che sta accadendo in Ucraina è per certi versi una riproposizione della strategia di disgregazione attuata nei confronti della Federazione Jugoslava. Questa prassi disgregatrice aveva avuto proprio nella Germania, allora recentemente “riunificata”, uno dei suoi maggiori artefici non solo a livello diplomatico. Come dice l’autore: Croati e serbi in Croazia non avevano avuto tra loro storie di omicidi ma di matrimoni, prima dell’unilaterale e illegale dichiarazione dell’ “indipendenza croata” nel 1991.
Tornando all’Ucraina, bisogna ricordare che il perseguimento di una politica coloniale ad est ha un illustre precedente nella politica tedesca: il nazismo ed il suo Drang nach Osten.
Così descrive brevemente Jaffe l’invasione dell’URSS: nel corso della guerra, i soldati tedeschi sul fronte russo si diedero da fare con convinzione sulle terre strappate ai Soviet e assieme agli ucraini tedeschi e ai bielorussi, che collaborarono in massa con gli occupanti, cominciarono a costituire un vero e proprio sistema coloniale nella Russia occidentale occupata. I capitalisti tedeschi con Krupp in testa cominciarono a capitalizzare le terre conquistate e le risorse naturali. Venne reintrodotta la proprietà privata e l’invasione germanica si può considerare a ogni effetto una controrivoluzione, cui il soldato medio tedesco prese parte in modo colonialistico. Milioni di ebrei, di polacchi, di russi morirono. Milioni di tedeschi presero parte alla ridistribuzione delle ricchezze conquistate.
Ci sembrava utile iniziare questi appunti di lettura da una questione quanto mai attuale per introdurre il testo di Jaffe, che ha l’indubbio merito di offrire chiavi di lettura e spunti interessanti che non possono essere organicamente passati in rassegna in una recensione. Ci sono però alcuni aspetti su cui l’analisi di Jaffe risulta più discutibile e lacunosa, o semplicemente datata, nel senso che gli eventi successivi alla sua stesura hanno preso un corso differente come ad esempio il consolidamento del costituente polo imperialista europeo.
Mentre la sottovalutazione di alcuni fenomeni storici deriva dalla cornice teorica all’interno del quale si sviluppa la sua interpretazione, per cui il suo impianto complessivo ridimensiona alcuni aspetti dirimenti delle contraddizioni sociali che si producono nel centro imperialista, di fatto negando lo sviluppo dell’autonomia proletaria come forza anti-sistemica.
La Jaca Book ha recentemente ripubblicato Germania, verso il nuovo disordine mondiale, precedentemente uscito nel 1994.
Questo testo è composto da tre parti, una breva e “densa” intervista che introduce i nodi che verranno articolati nel saggio principale Germania 1994 e una parte Verso l’Europa Germanica composta da estratti tratti da: Germania, il caso dell’euroimperialismo, edito da Mondadori nel 1979.
Queste righe oltre a essere un invito alla lettura del testo, sono per così dire propedeutiche ai seminari di autoformazione che come City Strike Genova terremo riguardo alla costituzione del polo imperialista europeo, in particolare quello che verterà sulla “riunificazione tedesca”, cioè l’annessione della Repubblica Democratica Tedesca da parte della Repubblica Federale Tedesca. Un fatto “epocale” in sé, ma le cui dinamiche verranno traslate dalla costruzione della Germania riunita alla costruzione dell’Europa in sé.
Iniziamo schematicamente da quelli che riteniamo essere gli spunti più interessanti del libro di Jaffe, che riarticoliamo necessariamente non in ordine di importanza, né di come appaiono nel testo, ma per facilità di ragionamento.
Il primo spunto interessante risiede nell’avere un approccio che colloca la politica della Germania (RFT) dalla fine della seconda guerra mondiale ai più recenti sviluppi all’interno dell’arco storico complessivo del capitalismo tedesco, caratterizzato dalla sua strutturale natura imperialistica al di là della forma di rappresentanza politica contingente che il blocco sociale dominante tedesco si è di volta in volta dato.
Una ciclo storico di lunga durata in cui si è andato ad articolare una rapporto di stampo coloniale tra “il centro imperialista” e “la periferia coloniale” fatto di uno scambio ineguale tra merci prodotte nel centro contro materie prime, foriero dello sfruttamento della mano d’opera delle colonie prima e poi successivamente responsabile dell’emigrazione della forza-lavoro verso il centro.
Al centro di questo processo stanno le imprese monopolistiche tedesche che ne dominano la scena economica.
Questa parabola temporale si “esaurisce” con il tentativo di restaurazione neo-coloniale che è il perno della politica tedesca verso l’Europa orientale e sud-orientale, di cui il ruolo della Germania Riunificata nei Balcani costituisce una delle prime tappe. L’illusione dei popoli europei che dopo l’’89 pensavano di essere l’ovest dell’Europa si è infranta di fronte al fatto che ne sono divenuti il “nuovo sud”: quei paesi possono essere fatti entrare per dal cortile in cucina per servizi occasionali, ma mai nelle sale tantomeno nelle camere da letto.
“>Con esso si chiude temporaneamente una parentesi storica che aveva visto il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, in cui i Balcani e l’Est erano stati sottratti all’integrazione economica di stampo coloniale che ne ha segnato profondamente “il destino”, e avevano sviluppato sotto l’ala protettrice dell’URSS delle aggregazioni di stampo militare (il Patto di Varsavia) ed economiche (il Comecom) in grado per un determinato periodo di fronteggiare e quindi sfuggire alla penetrazione imperialista occidentale (penetrazione che avviene ben prima dell’’89) in particolare della RFT.
“>Scrive Jaffe: Tuttavia, ancora più tardi, seguendo a breve distanza la riunificazione tedesca del 1989, l’obiettivo finale di Hitler è parso realizzarsi ad opera dei socialdemocratici e dei democratici cristiani, quando l’URSS si è autodisintegrata (o è parsa disintegrarsi) nell’agosto-settembre del 1991. La riunificazione tedesca era il “centro nascosto”, si potrebbe dire, di questo “crollo del comunismo”.
“>E il centro “manifesto” e pulsante della riconquista dell’Est…
“>Il secondo spunto di interesse sta nell’interpretare il razzismo tedesco come un prodotto storico che si sviluppa con il colonialismo prima e con l’imperialismo poi, che contribuisce a consolidare il patto sociale tra una porzione rilevante della classe lavoratrice e le classi dominanti a discapito di una altra parte della classe.
“>I precedenti coloniali costituiscono la base del comportamento razzista tedesco. La persecuzione prebellica della Germania nazista fu in effetti una versione attenuata del colonialismo germanico all’estero. Su scala più piccola, a causa della presenza ridotta di ebrei e comunisti militanti (mezzo milione di ebrei in Austria-germania), che in Sudafrica. Ciò che dovettero patiregli ebrei in Germania prima della guerra fu una delizia rispetto all’Apartheid nel Sudafrica creato da Boeri e Inglesi e in Rhodesia e nell’Africa sudoccidentale creata dai tedeschi. Il regno del terrore scatenato contro gle ebrei, i russi, i polacchi e gli altri “non-ariani” divenne qualcosa di simile alle atrocità tedesche in Namibia, Tanganika, Camerun, Ruanda-Burundi solamente nelle fasi finali della Seconda Guerra Mondiale.
“>Il razzismo quindi è calato all’interno dei rapporti sociali e svolge un ruolo fondamentale nell’assoggettamento di quella parte di forza lavoro multinazionale non-europea indispensabile allo sviluppo del sistema produttivo tedesco dal ’45 in poi. I suoi rigurgiti, non sono né occasionali né contingenti, ma parte di un “edificio politico” da distruggere…
“>Un altro spunto interessante sta nell’evidenziare il rapporto di implicazione reciproca esistente tra Germania ed Europa. Per l’autore esiste una geografia, una geoeconomia e una geopolitica germaniche. Dato che tutte e tre queste componenti giacciono nel vero cuore fisico di quello spazio selvaggio che i greci classici avevano chiamato Europa (dal nome di una loro dea afroasiatica!), l’unità europea è inseparabile dalla Germania. La Germania e l’Europa sono un solo e indivisibile problema. Si sono formate insieme e, se dovranno cadere, cadranno insieme.
“>La natura imperialista dell’Europa ne è un tratto costitutivo ed imprescindibile, sua indispensabile condizione di sviluppo: Se l’unità dell’Europa venisse minacciata sia dal nuovo sia dal vecchio sud, certamente finirebbe i suoi giorni. Non si può galleggiare per qualche tipo di lievitazione magica personale. L’Europa è sempre stata coloniale e morirebbe senza le sue fondamenta coloniali.
“>Una particolare rilevanza l’autore la da a quel “plusvalore nascosto” dovuto alla possibilità di importare dal tricontinente materie prime che vengono poi rivendute ad un prezzo molto più alto in occidente. Questa strategia economica avrebbe permesso di mantenere nel corso degli anni una determinata condizione complessiva della classe operaia autoctona in Germania, tale da consolidare un patto sociale fondato sul consenso che le classi subalterne darebbero nei confronti della politica della classe dirigente, un “contratto” suggellato dalla costante collaborazione sindacale e dalla relativa mancanza di scioperi.
“>Più in generale, lo sfruttamento coloniale permetteva di recuperare quei margini di profitto dettati da un costo del lavoro elevato derivato dalla strategia di legare a se una parte della classe: sui colonizzati ricadeva il peso maggiore del passo sociale nei paesi coloniali, in particolare la Germania.
“>Come diremmo più avanti, questa è stata più una tendenza che una realtà immutabile dal ’45 a oggi.
“>Ci fermiamo qui e invitiamo il lettore a leggere direttamente il testo per cogliere i numerosi spunti di riflessione e la mole di dati contenuti nel libro di Jaffe, soprattutto i capitoli riguardanti il ruolo economico della Germania a livello internazionale ed in specifico riguardo agli scambi economici dei Paesi dell’allora “socialismo reale”, per capire come e dove sia iniziata la penetrazione tedesco occidentale nel suo “cortile di casa”.
“>Questa lettura può essere una ottima premessa ad una attualizzazione della ricerca dell’autore, di cui è necessario mutuare il metodo. Si può organizzare la raccolta, la sistemazione e il confronto dei dati macro-economici riguardanti il rapporto della Germania con il resto del mondo e da questi dati può emerge il reale profilo della Germania odierna e la sua sempre più manifesta volontà di coniugare la propria potenza economica con una accresciuta potenza militare.
“>È un fine che ci auguriamo di seguire…
“>Veniamo ai punti deboli dell’analisi di Jaffe.
“>Se Jaffe mette in evidenza le “frizioni” tra gli stati europei e quindi i limiti, più che le prospettive del polo imperialista europeo ai tempi in cui scrive(inteso non semplicemente come generica area geografica dove sorgono un blocco di interessi imperialistici con un passato coloniale), successivamente e fino a noi tale processo procede per il costante superamento delle condizioni che hanno prodotto il proprio empasse, e quindi la crisi di questo progetto, tutto questo attraverso brusche accelerazioni, salti di qualità e rotture con il quadro precedente: l’Europa si fa nelle crisi, a costo di perdere consensi anziché acquisirne.
“>Ma proprio il consenso sembra essere, anche nelle teorizzazioni degli attuali architetti del polo imperialista europeo, una condizione non proprio imprescindibile, e questo deriva da un cambio “epocale” della borghesia nella gestione della forza lavoro, di cui in parte tratteremo sotto, derivato anch’esso dalle trasformazioni produttive dovute all’industrializzazione e relativi corollari (sradicamento, urbanizzazione, emigrazione di parte dell’esercito industraile di riserva) del mondo ex-coloniale.
“>Certamente, l’Europa si costituisce grazie ad un gioco di scommesse sempre più azzardate ma necessarie al consolidamento di una politica che abbia una regia sempre più unica, pena il soccombere sotto i colpi di una potenza “disgregatrice” più agguerrita.
“>Una debolezza che è divenuta una forza e che può dialetticamente “risolversi” nel suo contrario.
“>A parte questo aspetto, due sono i punti da cui bisogna necessariamente distanziarsi dal solco tracciato da Jaffe, se abbiamo interpretato bene il suo pensiero: la scarsa valutazione della resistenza tedesca al nazismo e in generale l’inessenzialità della storia dell’autonomia proletaria in Germania, così come del movimento comunista ed anti-imperialista.
“>Occorrerebbe almeno un altro testo per trattare anche solo sinteticamente di questi due aspetti che a noi ci preme considerare qui nella loro dimensione presente e in prospettiva“rivolti al Futuro”.
“>Proprio la politica della memoria attuata dalla Germania “riunificata” nei confronti della resistenza autoctona al Nazismo è tesa alla sua svalutazione nel senso della letterale rimozione di quest’importante e feconda esperienza di resistenza, tra l’altro patrimonio culturale fondante della Repubblica Democratica Tedesca “dileguatosi” con la sua annessione da parte della RFT.
“>L’accanito stravolgimento della storia da parte di una classe dominante con un rapporto di continuità, anche personale, con il nazismo è un aspetto rilevante della costituzione culturale della Germania riunificata. La non decifrazione di questo fenomeno tra l’altro indurrebbe a democraticamente a “scandalizzarci” di fronte alla scoperta recente della vera e propria collusione in Germania tra gruppi di estrema destra, dediti all’omicidio politico seriale e gli apparati dello stato…
“>Su questi aspetti invitiamo alla lettura di due interessantissimi testi pubblicati dalla Zambon editore: Uccisi 2 volte. Nella Germania unificata è in atto la “soluzione finale” della resistenza antifascista di Monika Zorn e Resistenza comunista in Germania 1933-1945 di T. Derbent.
“>Senz’altro torneremo su questo punto, centrale per comprendere parte della posta in gioco della “riunificazione”, che è stata una grande rivincita del passato nazista del capitalismo monopolista tedesco…
“>Veniamo al cuore della questione.
“>Il quadro delle relazioni industriali, e quindi la stabilità del patto sociale, in Germania è profondamente mutato e tende ad assomigliare sempre più anche all’interno dei confini tedeschi a quello storicamente ascrivibile al rapporto tra colonizzatori e colonizzati proprio dei regimi coloniali tout court, o quanto meno a mutuarne alcuni tratti essenziali, estendendo alla maggioranza della forza lavoro ciò che era riservato ad una minoranza, per quanto consistente e centrale nei meccanismi di accumulazione.
“>Questo in virtù delle trasformazioni produttive a livello mondiale di cui abbiamo accennato sopra.
“>Questa tendenza, senza ignorare il precedente delle strategie di governance della forza lavoro multinazionale in Germania, ha una accelerazione con l’annessione della Repubblica Democratica Tedesca ed il processo squisitamente coloniale con cui avviene, il tutto a dispetto della popolazione, del territorio e della ricchezza sociale prodotta dal lavoro della ex RDT.
“>Un modello per la successiva incorporazione all’economia tedesca dell’Est e per la costruzione dell’UE.
“>Successivamente lo svuotamento della contrattazione collettiva, riguardante un sempre minor numero di addetti e le riforme del mercato del lavoro (la famigerata legge Hartz) hanno mutato radicalmente il patto sociale, trasformando le condizioni complessive del proletariato in Germania e aumentando la “frattura” tra una sempre maggiore porzione di classe e il blocco sociale dominante.
“>Qui si pongono le basi materiali per una ipotesi di “rottura” dall’interno, senz’altro non avulsa da ciò che succede all’esterno dei confini politici della Germania.
“>Qui può prendere forma l’indebolimento del progetto imperialista tedesco all’interno dell’Europa e di tutta la vecchia merda che la Germania ha regalato alla storia dell’umanità.
“>Dal “nuovo” capitalismo nasce inevitabilmente la “vecchia” lotta di classe.